mercoledì 31 gennaio 2007

NON HANNO NEMMENO LA DECENZA DI TACERE

Domenica 28 gennaio, il giorno dei funerali di Federica Monteleone, la ragazza morta a 16 anni per le conseguenze di un incidente, sulle cui modalità e responsabilità ancora si indaga, avvenuto nell’ospedale di Vibo mentre era sottoposta ad una appendicectomia, apprendiamo, con sommo stupore, dell’impotenza e della disperazione dell’ On. Pietro Giamborino, consigliere regionale della Margherita, davanti ad una morte inspiegabile. «Siamo tutti colpevoli – dice – a partire dalla politica, perché risulta incapace a risolvere i problemi politici nel tutelare e realizzare i diritti di ciascuno e di tutti. Nel campo medico sono colpevoli quei medici, che privilegiano la lite politica a scapito della missione e della sensibilità medica». Giamborino conclude le sue esternazioni con un impegno per il futuro: «Nel grido di dolore che ci coglie tutti per la morte di Federica, è bene non far seguito alla politica vuota di sole parole, occorre invece preoccuparsi sul come fare funzionare meglio la sanità in Calabria […]. Se la sanità non funziona per come si deve, è anche colpa nostra, della politica e delle istituzioni responsabili che poi non possono lamentarsi e apparire come vittime, “parti civili” di una situazione che tutti abbiamo contribuito a determinare nel corso dei tempi».
Ebbene, che insegnamento trarre dalle parole del consigliere regionale? Che, essendo tutti colpevoli, sono colpevoli anche gli elettori di Giamborino, il quale, a sua volta, è colpevole in special modo, in quanto politico. Che ancora una volta, si prova a far passare nella coscienza collettiva di un corpo sociale già stremato dalle inefficienze delle istituzioni il «tutti colpevoli, nessun colpevole», ben noto ai politici di vecchia data. Che la politica, a detta di un suo alto esponente regionale, è «incapace a risolvere i problemi politici e a tutelare i diritti» di tutti. Che la politica, infine, ammette le sue colpe, se ne pente e si propone di porre rimedio, domani, alle malefatte di ieri e di ancora oggi: il clientelismo onnipresente, soprattutto nella sanità, e l’inadeguatezza di tanti a svolgere il proprio lavoro; l’incompetenza dei dirigenti, scelti solo per occupare un posto di potere utile per fini diversi da quelli per cui dovrebbero essere scelti; l’incapacità della politica di risolvere i problemi (sic!!!), si trattasse anche solo di far arrivare i fondi pubblici là dove ce n’è più bisogno, invece di disperderli nelle tasche dei soliti noti o di assumere nel settore pubblico lavoratori più capaci con procedure trasparenti e di vigilare sul loro operato.
Siamo contenti che l’On. Giamborino si proponga di non proseguire nella politica vuota delle parole e di far funzionare meglio la sanità in Calabria, ma abbiamo una proposta da lanciargli. È possibile che si debba aspettare che una ragazza piena di vita e di sogni venga uccisa senza un motivo in un ospedale pubblico per rendersi conto delle proprie colpe e delle proprie responsabilità? Noi crediamo di no: crediamo che la politica sia la più alta espressione della democrazia e siamo nauseati di vederla vilipesa dai tanti incompetenti (quando non da veri e propri criminali) che la frequentano: si dia una scadenza, Onorevole, sei mesi o un anno, e ritorni sulle pagine dei giornali a riferire sui progressi della battaglia di cui si è assunto la responsabilità. Denunci pubblicamente gli scandali e i favoritismi di cui è a conoscenza, faccia pure i nomi dei tanti profittatori che le dovessero intralciare il passo; noi saremo al suo fianco perché abbiamo il suo stesso sogno.
Combatteremo volentieri con lei, Onorevole, la nostra comune battaglia, ma avremmo voluto farlo quando per Federica non fosse stato troppo tardi… ormai non possiamo far altro che stare umanamente vicini ai suoi familiari e ai suoi amici. Per onorare la memoria di Federica, poiché non abbiamo recato onore al suo corpo, dobbiamo fare in modo che cose del genere non succedano più. Mantenga la sua parola, Onorevole, la traduca in fatti concreti, non la faccia restare una bella promessa! Noi gliela ricorderemo, qualora dovesse dimenticarsene.

sabato 27 gennaio 2007

NOI NON VOGLIAMO MORIRE DI ‘NDRANGHETA

Noi c’eravamo alla manifestazione di sabato 16 dicembre, a dire il nostro NO alla mafia. Con noi c’erano tanti ragazzi, studenti di alcune scuole superiori di Vibo e provincia, qualche dirigente sindacale, pochi dirigenti di partito (pochi anche del nostro!) e qualche esponente delle organizzazioni giovanili, uno solo tra i consiglieri e assessori comunali e ZERO tra i provinciali (!!!), il “Movimento per la Giustizia” e solo “La Gerbera Gialla” e “Libera” fra le decine di prestigiose associazioni presenti sul territorio che a parole si occupano dei problemi sociali.
Il corteo, sebbene non oceanico, è stato scortato dalle forze dell’ordine, Carabinieri e Polizia (grazie!), e “controscortato” dagli scagnozzi mafiosi, grazie alla cui presenza la partecipazione si è mantenuta nell’ordine delle poche centinaia e si sono così evitate le solite noie dovute alla confusione che senz’altro si sarebbe avuta se i manifestanti fossero stati di più!!!
Le polemiche strumentali architettate da qualcuno sono cadute ancor prima che il corteo partisse: la manifestazione si è svolta senza che nessuno esibisse bandiere di partito ed era organizzata dal “COMITATO PROMOTORE DEL MOVIMENTO STUDENTESCO VIBONESE”, che abbiamo sì creato noi Giovani Comunistie, ma cercando la collaborazione di altre organizzazioni politiche giovanili, proprio perché volevamo che il Movimento fosse apartitico e indipendente; ebbene, nonostante i tanti bastoni fra le ruote e i pochi soldi che avevamo in cassa, ci siamo riusciti, con la presenza dei giovani de “I Socialisti” e del “Partito Comunista dei Lavoratori” che, come noi, hanno accettato di sfilare senza un ritorno pubblicitario.
Gli interventi finali, molto incisivi, si sono svolti 1) tra le auto parcheggiate in Piazza Martiri d’Ungheria, che il Comune non ha provveduto a far spostare, 2) grazie ad un allaccio di fortuna della corrente elettrica e all’amplificazione pagata da noi, che il Comune non ha provveduto a fornire, e 3) su un palco – questo sì, concessoci dal Comune – che abbiamo provveduto per tempo a far spostare dalla posizione originaria, nascosto com’era dietro l’enorme albero di Natale.
Certo: un corteo di studenti non sarà importante, né risolutivo della lotta contro la mafia, come un convegno tra accademici, una tavola rotonda di politici, un simposio di soloni, un conclave di porporati, ma un po’ più di rispetto, i figli di questa città, secondo noi, lo meritano. Anzi, se proprio dobbiamo dirla tutta, l’indignazione che nasce dalla base, dalla gente comune e dai giovani, è molto più pericolosa per la mafia e per il potere politico-mafioso, perché non è controllabile.
Nonostante tutto ciò – e altro che dir sarebbe noioso – la manifestazione è stata un successo: lo è stata perché ha dato fastidio a chi di dovere. Ne sono prova gli atti vandalici compiuti nella notte di venerdì all’Istituto Magistrale e i volantini (quasi una rivendicazione) che, nel più classico stile mafioso, screditavano un testimone di giustizia e “sconsigliavano” la partecipazione all’iniziativa che lo aveva ospite. E siamo davvero senza parole davanti alla lettura dell’episodio data da qualcuno: non si tratta di un gesto politico compiuto contro noi comunisti, è semplicemente un avvertimento mafioso, tutto qua!
Quali sono le nostre conclusioni? Che anche se i mafiosi a Vibo sono in maggioranza – forti non tanto dei veri e propri “militanti”, quanto dei tanti che li temono o fanno affari con loro, che hanno ceduto alla paura e alla rassegnazione, che hanno smesso di credere nel futuro e nella giustizia e si genuflettono davanti a padrini e padroni – noi abbiamo iniziato e continueremo ad essere la loro spina nel fianco: perché ci crediamo. Non abbiamo paura di loro! E saremo sempre di più fino a quando non riusciremo a scacciarli dalla nostra terra.

LA LOTTA ALLA MAFIA DAL VERSANTE DEI PROLETARI

La criminalità organizzata è un fenomeno estraneo e ostile agli interessi del movimento operaio. Basterebbe ricordare i tanti episodi di intimidazione e di aggressione subita dagli operai per mano della mafia e della camorra per confermare la natura antiproletaria della criminalità organizzata.
Il brigantaggio, nella realtà meridionale, prima di assumere la connotazione di lotta di resistenza all’occupazione e al dominio sabaudo, si caratterizzava come una forma di protezione dei latifondisti contro le rivendicazioni dei braccianti che chiedevano la riforma agraria e la distribuzione equa delle terre. Negli ultimi anni la mafia si è trasformata, puntando da un lato sul traffico della droga e accentuando i suoi investimenti nel campo produttivo e dall’altro inserendosi direttamente all’interno degli apparati di potere (gestione della cosa pubblica), senza più ricorrere ai favori di politici. Sempre più spesso piccole e medie fabbriche o catene della distribuzione passano nelle mani di uomini della mafia, che non esitano ad utilizzare i propri scagnozzi armati per imporre condizioni di lavoro e trattamenti salariali intollerabili, per intimidire qualsiasi tentativo di reazione operaia, mentre per quanto riguarda il traffico illegale della droga, basta osservare qualsiasi quartiere periferico delle nostre città per rendersi conto del degrado e della frantumazione interna al proletariato che la diffusione della droga provoca.
La lotta alla mafia è quindi qualcosa che riguarda direttamente la classe operaia.
Ma per difendersi da questo fenomeno apparentemente indistruttibile occorre chiedersi innanzi tutto da che cosa è alimentata e da dove deriva la forza della mafia. Il primo luogo comune che occorre sfatare è quello secondo cui la mafia è il frutto dell'arretratezza sociale. La mafia è oramai un fenomeno mondiale ed è insediata nelle principali metropoli del mondo: da New York a Mosca a Tokio a Rio de Janeiro. Si tratta quindi di un fenomeno "moderno" che fa proseliti nelle aree in cui il pieno dominio capitalistico produce un maggiore degrado sociale. Il secondo elemento di falsità che va superato è quello secondo cui la mafia è qualcosa di esterno agli attuali rapporti sociali, una specie di cancro cresciuto nel tessuto sano della società. Al contrario, la mafia non fa che accentuare le differenze tra classi, perpetrando lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo che in questo caso non si perpetra solo a livello di produzione, ma in ogni aspetto della vita sociale.
La mafia non fa altro che portare alle estreme conseguenze quello che è l'imperativo dominante della società capitalistica: la ricerca del massimo profitto senza stare a guardare per il sottile sui mezzi e sulle conseguenze per raggiungerlo.
In ultimo, la mafia non è l'antistato. Contrariamente a quanto cercano di farci credere giornalisti e politici borghesi, essa è un’organizzazione complementare e strettamente intrecciata con parti decisive degli apparati statali. Complementare perché, attraverso la propria presenza in aree particolarmente degradate, assicura al capitalismo nel suo complesso un controllo sociale difficilmente raggiungibile con l'ordinaria amministrazione. Intrecciata perché, come ogni organizzazione borghese, cerca di creare le proprie lobbie all'interno dello stato per tutelare i propri interessi economici. Solo quando le attività mafiose entrano in contraddizione con la difesa degli interessi del capitale complessivo nazionale, lo Stato esercita una reale politica repressiva contro la criminalità organizzata. Politica che non è mai tesa a distruggere il fenomeno mafioso (cosa tra l'altro impossibile entro gli attuali rapporti sociali che l'alimentano continuamente), ma a ridimensionarlo e a renderlo di nuovo funzionale agli interessi generali del capitalismo. Non è un caso se quei pochi "servitori dello Stato" che s'illudono di condurre fino in fondo la lotta alla mafia, vengono sempre bloccati e ostacolati quando superano gli scopi che lo Stato si era prefissato, quando non vengono abbandonati alla vendetta della mafia.
Non è da questo Stato, con mafiosi che al suo interno occupano posti di comando, che ci si può aspettare una lotta decisiva contro la mafia!
Non è la mancanza di leggi adeguate o l’insufficiente numero di magistrati e poliziotti che impedisce di sconfiggere la mafia. È all'interno di questo sistema fondato sullo sfruttamento salariale e sull'appropriazione privata che stanno le cause del fiorire del fenomeno mafioso. È all'interno dello stato borghese che vanno ricercati i principali alleati della mafia e le sue rappresentanze politiche. Non è tra i padroni che troveremo alleati per combattere la mafia né ci riusciremo esclusivamente con la repressione. La lotta alla mafia deve partire dalla maturazione di una nuova mentalità che vada contro l’attuale stato di cose. Bisogna maturare una coscienza che vada contro i disvalori del profitto, dello sfruttamento dell’uomo, dell'individualismo più esasperato, dell'arrivismo e dell'accumulo di ricchezza, principi che ormai rappresentano sempre più l’habitat in cui proliferano i crimini di stampo mafioso.

NEL RICORDO DI PEPPINO IMPASTATO

Peppino è noto alle nuove generazioni grazie al film “I cento passi”, che ha rappresentato alcuni aspetti della sua vita, la sua ribellione al padre e la sua lotta contro i mafiosi del suo paese. Noi vorremmo ricordarlo anche perché è stato un compagno che ha sacrificato la sua vita per gli ideali di giustizia e libertà che lo animavano e per l’esempio che ci ha lasciato: amare la propria terra e gli uomini che la abitano e non lasciare che essi siano prede della mafia, ma spingerli a reagire e a rialzare la testa.
Nasce a Cinisi il 5 gennaio 1948 da Felicia Bartolotta e Luigi Impastato. La famiglia Impastato è bene inserita negli ambienti mafiosi locali: una sorella di Luigi ha sposato il capomafia Cesare Manzella, considerato uno dei boss che individuarono nei traffici di droga il nuovo terreno di accumulazione di denaro. Frequenta il Liceo Classico di Partinico ed è di quegli anni il suo avvicinamento alla politica, particolarmente al PSIUP (la formazione politica nata da una separazione dal PSI, dopo l'ingresso di questo nei governi di centro-sinistra). Assieme ad altri giovani fonda un giornale, "L'Idea socialista", che, dopo pochi numeri, viene sequestrato: di particolare interesse un servizio di Peppino sulla "Marcia della protesta e della pace" organizzata da Danilo Dolci nel marzo del 1967. Il rapporto con Danilo, sia pure episodico, lascia un notevole segno nella formazione politica di Peppino. Nel 1975 organizza il Circolo "Musica e Cultura", un'associazione che promuove attività culturali e musicali e che diventa il principale punto di riferimento por i giovani di Cinisi. All'interno del Circolo trovano particolare spazio il "Collettivo Femminista" e il "Collettivo Antinucleare". Il tentativo di superare la crisi complessiva dei gruppi che si ispiravano alle idee della sinistra "rivoluzionaria", verificatasi intorno al 1977, porta Peppino Impastato e il suo gruppo alla creazione di “Radio Aut”, un'emittente indipendente che indirizza i suoi sforzi e le sue scelte nel campo della controinformazione e soprattutto in quello della satira nei confronti della mafia e degli esponenti della politica locale. Nel 1978 Peppino partecipa alla campagna elettorale comunale di Cinisi con la lista di “Democrazia Proletaria", ma viene assassinato il 9 maggio 1978, qualche giorno prima delle elezioni e qualche giorno dopo l'esposizione di una documentata mostra fotografica sulla devastazione del territorio operata da speculatori e gruppi mafiosi: il suo corpo è dilaniato da una carica di tritolo posta sui binari della linea ferroviaria Palermo-Trapani. Le indagini sono, in un primo tempo, orientate sull'ipotesi di un attentato terroristico consumato dallo stesso Impastato, o, in subordine, di un suicidio "eclatante". Il caso giudiziario è stato chiuso e riaperto per ben tre volte, sino ad arrivare al processo nei confronti del boss di Cinisi Gaetano Badalamenti, giudicato colpevole del reato di omicidio premeditato dal tribunale di Palermo solo nel 2002!!!
Peppino è stato sempre impegnato nelle lotte sociali, da quella contro la costruzione dell’aeroporto di Palermo, a quella per la libertà dei corpi, cercando di imporre strumenti innovativi e mezzi di comunicazione moderni come la satira, la radio, la controinformazione. Ha sempre creduto nella libertà della sua terra, nella sconfitta della mafia, e si è avvicinato al comunismo in quanto ideologia che meglio di ogni altra si presta alla lotta contro la mafia e contro il sistema capitalistico di cui la mafia è figlia. Ha perfino occupato la radio, Radio Aut, quando il tema mafia è passato in secondo piano rispetto alle lotte che i compagni conducevano in quegli anni. La sua era una personalità forte, anticonformista e sebbene sia stato barbaramente assassinato dalla mafia, non ha subito il più oltraggioso dei martiri, l’oblio della sua memoria: ancora oggi il suo nome e il suo ricordo sono indissolubilmente legati alla lotta contro la mafia e i centri sociali che sono nati in suo nome sono innumerevoli.
Una cosa è certa: oggi, nella società dei mass media, del consumismo, dei falsi ideali, è facile dirsi oppositori della mafia e coniare facili slogan allo scopo di essere più visibili, ma chi lotta veramente contro la mafia lavora, giorno per giorno, nel sociale e non si ricorda di essere “antimafia” solo dopo l’ennesimo omicidio eccellente o l’ennesima intimidazione. Le istituzioni, i partiti, troppo spesso strumentalizzano per fini propagandistici i movimenti che nascono spontaneamente, salvo poi isolarli e lasciarli morire quando non fanno più loro comodo.
Peppino ci ha insegnato tanto: che con la buona volontà, col coraggio, è possibile sconfiggere la mafia, perché se ci si unisce senza alcun interesse, allora sì che sarà possibile lottare veramente per cambiare questo stato di cose. Perché la mafia è figlia dell’uomo, della società capitalistica, dell’individualismo, del clientelismo, dell’opportunismo, della passività, della indifferenza, del nepotismo: tutte creazioni dell’uomo nella sua continua ricerca di mezzi sempre più efficienti di sopraffazione sui suoi simili. E come tali, come fenomeni umani, possono essere sconfitti.

giovedì 25 gennaio 2007

contro gli infortuni sul lavoro

Il coordinamento provinciale dei giovani comunisti di Vibo valentia, esprime la sua più ferma solidarietà nei confronti di Giuseppe Preiato, l’operaio che nei giorni scorsi è rimasto seriamente ferito in seguito ad un incidente verificatosi sul luogo di lavoro.
Annualmente gli incidenti che si registrano sui luoghi di lavoro sono più di 1 milione, almeno quelli realmente riscontrati, senza considerare la molteplicità di tutti gli altri che vengono invece nascosti,
in media si riscontrano quotidianamente più di 3 morti al giorno, 1000 ogni anno.
Un bilancio paragonabile a quello di una guerra, e che matura nel più totale silenzio.
Tanti, troppi sono i sacrifici a cui vengono sottoposti quotidianamente i lavoratori: precarietà, sfruttamento salariale, mancato rispetto dei diritti, sottopagamento.
Per quanto tempo ancora dobbiamo continuare ad assistere a questa logica di sopraffazione dell’uomo sull’uomo?
Perché non viene messo in atto un piano di prevenzione, non vengono fatti rispettare i criteri basilari di sicurezza sui luoghi lavoro?
Domande riconducibili tutte ad un'unica risposta: supremazia del concetto del profitto, al quale tutto deve sottomettersi anche le stesse vite umane.
Come giovani comunisti ci dichiariamo estranei a questa logica di sfruttamento e di sottomissione, invitiamo tutti i lavoratori ad alzare la testa, e a lottare per vedere riconosciuti e rispettati i propri diritti, il diritto all’occupazione, il diritto al salario, il diritto alla vita.
Denunciamo lo stato di sfruttamento in cui vengono relegati ancora oggi milioni di lavoratori alla mercè di padroni i cui interessi sono quelli esclusivi dei profitti,senza riguardo per la salute,per i salari.
Convinti che contro lo sfruttamento solo la lotta paga, confermando fin da ora la nostra disponibilità attiva e militante per qualsivoglia iniziativa, cogliamo l’occasione per porgere la nostra più sentita solidarietà alla famiglia Preiato e i nostri saluti comunisti, al solito a pugno chiuso.

2 compagni di Vibo nel coordinamento nazionale dei GC

Dal 20 al 23 settembre scorsi, si è svolta a Roma la terza Conferenza Nazionale dei Giovani Comunisti, che ha visto la partecipazione di 322 delegati nazionali provenienti da tutta Italia, rappresentati proporzionalmente secondo i 5 documenti congressuali in base ai risultati ottenuti nelle oltre 300 conferenze di federazione, di circolo e di zona.

Per la Federazione di Vibo Valentia erano presenti Nicola Iozzo e Carmelo Sergio, delegati del 5° documento (Il cuore dell’opposizione, che ha ottenuto la maggioranza relativa alla conferenza di Vibo, documento che nasce dall’esigenza, sentita da molti, di una opposizione critica all’interno del Partito e nella società, di fronte al rischio di una deriva socialdemocratica del PRC e alla incapacità delle minoranze ufficiali di esprimere un reale dissenso nei confronti della maggioranza e di cui i primi firmatari nazionali erano Filippo Benedetti e lo stesso Nicola Iozzo), Stefano Russo del 1° documento, Samuele Raguseo del 2° documento e Francesco Colelli, in qualità di invitato.

La delegazione vibonese si è distinta come quella che più di ogni altra ha cooperato sia al suo interno sia con gli altri delegati secondo il principio che abbiamo deciso, noi per primi, di seguire, nella speranza che ciò serva da esempio per tutto il corpo del Partito: lavorare uniti per il bene comune superando le divisioni di mozione.

La Conferenza si è svolta in un momento cruciale per la sorte del PRC (nonché per la sua organizzazione giovanile) che ha maturato negli ultimi tempi la sua “Bolognina”, passando da partito d’opposizione a partito di governo.

L’intervento di Nicola Iozzo (coordinatore provinciale GC-Vibo Valentia), al quale era presente il Segretario Nazionale del Partito, Franco Giordano, si è articolato in vari punti: dall’analisi dell’involuzione politica del partito, al giudizio critico sulle missioni militari all’estero, sull’indulto e all’analisi del voto degli elettori del PRC alle ultime politiche.

Al compagno Nicola Iozzo, che è entrato a far parte del coordinamento Nazionale assieme alla compagna Mara Daniele, anche lei vibonese, vanno le nostre congratulazioni e i migliori auguri di buon lavoro! La federazione di Vibo è una delle poche che può contare su due membri all’interno del coordinamento Nazionale, di cui già aveva fatto parte, eletto nella seconda Conferenza, il compagno Filippo Benedetti: sono state premiate la nostra voglia di fare politica e la coerenza dimostrata anche in momenti difficili.

Contro tutte le mafie

Oggi, vogliamo lanciare e portare avanti una lotta costante e ferma verso una piaga che colpisce indistintamente la nostra già martoriata regione. Vogliamo con quest’azione richiamare l’attenzione sia dei cittadini, degli studenti, dei lavoratori e dei disoccupati, che devono dare un segnale forte e far sentire la propria voce, e sia quella delle istituzioni (di cui non è sufficiente la sola solidarietà), che devono garantire una gestione dell’attività politica in modo chiaro e trasparente. Il nostro è un no categorico alla corruzione politico-mafiosa, un no all’omertà, un no ai clientelismi e alla continua violenza che ci colpisce: con omicidi, atti d’intimidazione e faide. Per questo abbiamo fatto uno striscione con su scritto un semplice ma significativo NO MAFIA e con questa azione particolare vogliamo aprire una discussione tra la gente e far capire che anche nel territorio vibonese può arrivare una primavera che porti via tutto questo lerciume che purtroppo ci circonda ed è ovunque. Noi non ci stiamo e diciamo basta, riappropriamoci della nostra regione, della nostra città del nostro essere cittadini onesti per una cultura di legalità e per garantire un futuro, il nostro. Ci auguriamo che il movimento contro le mafie parta e debba partire dalla società stessa, dalle istituzioni che hanno il dovere di costituirsi parte civile in tutti i processi di mafia, dai giovani onesti che hanno il compito speciale di far emarginare tutto quello che ha che fare con il sistema mafioso. Ribellati, lotta, agisci, e diffondi la cultura della legalità.


DOBBIAMO FAR USCIRE LA CALABRIA DA QUESTA SITUAZIONE DOLOROSA. VOGLIAMO CHE LA CALABRIA DIVENTI UN PAESE CIVILE, DOVE SIA SACRA LA VITA DEI LAVORATORI, DOVE SACRO SIA IL DIRITTO DEI CITTADINI AL LAVORO, ALLA LIBERTA’, ALLA PACE E ALLA GIUSTIZIA.


Per contatti: giovanicomunistivv@yahoo.it

Raccolta firme dei Giovani Comunisti per ricordare Giovanni Furlano

Si è svolta il 24 agosto a San Nicola da Crissa la raccolta di firme, da noi organizzata, per dedicare una piazza del paese al compagno Giovanni Furlano, vittima innocente di un agguato mafioso. La raccolta di firme rientrava tra le attività previste nella “Carovana anti-mafia” che stiamo portando in giro per la provincia: presenti, oltre al coordinamento provinciale dei Giovani Comunisti, i compagni del circolo locale.
L’iniziativa ha avuto un ottimo successo, viste le quasi trecento firme raccolte e la partecipazione all’iniziativa anche di giovani esterni al partito, amici e conoscenti del compagno ucciso. Il tutto all’insegna della nuova impostazione che vogliamo dare alla nostra “rivoluzione anti-mafia”: andare nelle strade, parlare con le persone e far parlare loro stesse, estendere la partecipazione civile alle categorie che, di solito, ne sono al di fuori. Non abbiamo nuove leggi o soluzioni di forza da proporre, ma crediamo che quella contro la mafia sia una battaglia prima di tutto culturale che vada combattuta casa per casa.
Nell’occasione, abbiamo incassato l’approvazione di personaggi del calibro del giudice Ferdinando Imposimato e del prof. Enzo Ciconte (presenti in paese per una conferenza), i quali hanno offerto la loro disponibilità per le nostre prossime iniziative e, come gli altri, si sono messi in fila per firmare la petizione. È mancata all’appello, nonostante l’avesse promesso, la firma del sindaco Pasquale Fera e speriamo sia stata solamente una dimenticanza che verrà presto colmata visto che i compagni del circolo di San Nicola stanno continuando la raccolta.
Nei prossimi giorni presenteremo tutte le firme raccolte alla giunta comunale di San Nicola, soprattutto perché ci risulta che presto verrà cambiata la toponomastica del paese, per sensibilizzare l’intera comunità su questo fatto tragico avvenuto qualche anno fa e purtroppo su altri episodi che sono accaduti nel paese negli ultimi tempi prima e dopo l’assassinio di Giovanni.
L’amministrazione comunale dovrà pertanto ricordarsi di Giovanni e delle altre vittime della mafia di San Nicola.

conferenza provinciale GC

Domenica 25-6-2006 nei locali della biblioteca comunale di Vibo Valentia si è svolta la conferenza provinciale dei Giovani Comunisti della federazione di Vibo Valentia.
La conferenza è stata organizzata per eleggere i nuovi organismi dirigenti provinciali dei GC, i delegati alla conferenza nazionale di Bari e per discutere e votare i documenti congressuali nazionali.
La conferenza è iniziata con i saluti del segretario provinciale del partito della rifondazione comunista che si è espresso sulla condizione giovanile nel mondo e sul compito della gioventù comunista come guida alle contraddizioni del neoliberismo e del capitalismo.
Ha presieduto i lavori il coordinatore uscente dei GC Iozzo Nicola che ha fatto il punto della situazione dell’organizzazione dall’ultima conferenza, giugno 2002, ad oggi.
Situazione che è notevolmente migliorata non solo numericamente ma soprattutto politicamente e responsabilmente, con la stessa voglia di lottare e di fare politica attiva ad ogni livello che non è diminuita negli anni e la dimostrazione di questa crescita è che nel 2002 i partecipanti alla conferenza erano 19 e ieri sono stati 63 .
È stato anche ricordato con un lungo applauso il compagno Giovanni Furlano vittima della mafia a cui sarà dedicata una raccolta firme a San Nicola da Crissa per intitolargli la piazza centrale del paese.
Dopo la relazione introduttiva del compagno Iozzo si è passati alla discussione dei 5 documenti congressuali: doc 1-rigenerazioni presentato da Celeste Costantino; doc 2-trasformiamo il presente, conquistiamo il futuro presentato da Samuele Raguseo; doc 3-GC di lotta o di governo; doc 4-rivoluzionari del 21’ secolo e il doc 5-il cuore dell’opposizione presentato da Filippo Benedetti.
Subito dopo si è aperto il dibattito con numerosi interventi dalla platea che hanno fatto il punto della situazione e si sono congratulati con il gruppo dirigente uscente per il lavoro fatto nel comune capoluogo e nella provincia in generale.
Da notare la presenza compatta del circolo di Dasà fatto interamente di giovani con tanta voglia di fare politica e di cambiare le cose in questa provincia.
Dopo gli interventi si è proceduto alla votazione di un ordine del giorno sottoscritto da tutte le componenti che è stato votato all’unanimità.
La discussione politica si è articolata in maniera propositiva su vari fronti: dalle questioni internazionali alle questioni nazionali precarietà, disagio giovanile, politiche neoliberiste fallimentari, e non poco rilievo è stato dato infine alla questioni legate alla politica locale, al buon stato del partito che vede una crescita notevole in questi ultimi anni legato anche al buon lavoro svolto dai giovani comunisti che hanno sempre avuto la consapevolezza che essendo in una forza di governo anche in questa provincia e nei comuni non significa che una crescita politica , sociale e comunista debba essere disgiunta dal saper lottare per i diritti di un territorio in cui poco si è fatto a discapito dell’infinità di problemi che vive.
Subito dopo è cominciata la votazione dei documenti congressuali che ha dato la quasi maggioranza assoluta al documento numero 5 di cui Filippo Benedetti e Iozzo Nicola sono rispettivamente secondo e terzo firmatario nazionale.
La votazione ha avuto il seguente esito:
doc 1- 19 voti
doc 2- 13 voti
doc 3- 0 voti
doc 4- 1 voto
doc 5- 30 voti
in seguito alla votazione dei documenti nazionali si è passati all’elezione del nuovo coordinamento provinciale identificato nelle figure dei compagni: Iozzo Nicola, Benedetti Filippo, Sergio Carmelo, Colelli Francesco, De Piano Ernesto , Marturano Antonino, De Sossi Giovanni, Russo Stefano, Borrello Giuseppe, Russo Ilenia, Racina Cristian, Sangiuliano Mascia, Bufalo Mariangela, Battaglia Domenico, Federici Paola i quali hanno eletto all’unanimità nel segno della continuità, e dell’ottimo lavoro svolto questi anni, Iozzo Nicola.
Sono stati eletti delegati alla Conferenza Nazionale di Bari: Raguseo Samuele, Russo Stefano e Iozzo Nicola più il compagno Benedetti Filippo invitato dal coordinamento nazionale uscente.
Questa assemblea risulta significativa a testimonianza del fatto che esiste ancora e vive in molti giovani il pensiero, la dottrina, la dignità di un popolo comunista che si pone come obbiettivo primo cambiare lo stato di cose presenti.