venerdì 29 febbraio 2008

assemblea nazionale dell'associazione Unità Comunista

Sabato 1 Marzo dalle ore 14:30 presso i "Cantieri Navali Megaride" Calata Marinella, Interno Porto di Napoli si svolgera l'assemblea nazionale dell'Associazione.
Sarà l'occasione per discurere:

- Dell'organizzazione generale dell'associazione
- si effettuerà il tesseramento
- resoconto del nostro percorso all'interno del Coordinamento Nazionale per l'Unità dei Comunisti
- Si parlerà delle prospettive e del futuro lancio di una fase "Costituente dei Comunisti"

Vi salutiamo a Pugno chiuso
Associazione Unità Comunista

martedì 19 febbraio 2008

La posizione dei COBAS sulle prossime elezioni

Prima delle elezioni del 2006 avevamo segnalato in tutte le forme possibili gli enormi rischi di un governo Prodi che proseguisse le politiche berlusconiane senza Berlusconi, con dentro tutta la cosiddetta “sinistra radicale”, una parte della quale aveva operato per anni all’interno dei movimenti di lotta, guadagnandosi benemerenze, simpatia e credito presso significativi settori popolari, salariati, di movimento. Dicemmo: “Peggio di un governo di destra ci può essere solo un governo di ‘sinistra’, o presunta tale, che faccia una politica di destra”. I motivi di allarme ci sembravano evidenti: un governo del genere minacciava di disarmare, assai meglio di Berlusconi, le sinistre vere, i movimenti, le lotte, usando lo spauracchio del ritorno del centrodestra al potere.Le cose sono andate ancora peggio delle più nere previsioni. Le iniziative del governo sono state improntate al liberismo più sfacciato, al bellicismo, al disprezzo dei lavoratori e dei settori popolari e al culto del padronato; e persino al razzismo anti-migranti, alla più vergognosa sottomissione al Vaticano e a tutti i poteri forti di questo disgraziato Paese. Sempre più allibiti e infuriati, abbiamo visto la riconferma delle missioni militari di guerra e l’aggiunta di nuove spedizioni come quella in Libano, che hanno portato l’Italia al quarto posto nella scandalosa graduatoria dei militari impegnati in missioni belliche; l’ampliamento delle basi militari Usa-Nato e l’imposizione alla popolazione vicentina, compattamente ostile, di una seconda base al Dal Molin; le spese militari aumentate del 25% in due anni; la riconferma della TAV e il proseguimento della devastazione ambientale, fino all’esplosione di quello scandalo internazionale che è lo smaltimento mafioso e assassino dei rifiuti in Campania; gli accordi del 23 luglio che hanno ulteriormente massacrato le pensioni ed eternalizzato la precarietà; due Finanziarie che, invece di far “piangere” i padroni, li hanno satollati oltre misura, colpendo ancora una volta i salariati e i settori popolari, portati oramai in massa alla soglia della pura sopravvivenza; la ripresa di violenze neofasciste, di aggressioni e intimidazioni che si sono alimentate nel generale humus politico-culturale di “revisionismo storico”. E poi ancora: lo scippo del TFR; l’indulto per i padroni per i reati commessi ai danni della salute dei lavoratori, nonostante il terrificante record italiano di quattro assassinii sul lavoro in media al giorno, su cui il barbaro rogo della Thyssen Krupp ha gettato una oscena luce ma senza provocare alcun mutamento; la caccia all’immigrato romeno o rom; decreti sulla sicurezza di stampo fascista; nomina del principale responsabile delle violenze genovesi De Gennaro a comandante della “mondezza” in Campania; G8 del 2009 imposto alla Maddalena.Quello che invece non abbiamo visto sono stati l’abrogazione del pacchetto Treu/legge 30, della Turco-Napolitano/Bossi-Fini e della riforma Moratti; una legge decente che garantisse i diritti civili delle coppie italiane, indipendentemente dall’orientamento sessuale; la legge sul conflitto d’interessi; la depenalizzazioni dei reati legati alle lotte sociali; la nuova legge sui diritti sindacali, che anzi sono stati ulteriormente massacrati dalla sempre più potente casta di Cgil-Cisl-Uil.In questi due anni abbiamo subito, più che mai, l’erosione del potere d’acquisto dei salari, il restringimento degli spazi di libertà, il dilagare della clientela, della corruzione, del controllo da parte dei politici sulla magistratura e in difesa della casta, fino alla vergognosa solidarietà data da tutti all’inquisito Mastella; lo scatenarsi della repressione, con condanne a decenni per i fatti di Genova 2001, di Firenze 1999 (manifestazione contro la guerra in Jugoslavia), richieste di condanne pesantissime all’allucinante processo di Cosenza e a quelli a carico di coloro che hanno lottato contro il carovita: e tutto nel silenzio quasi totale della “sinistra di governo”, che ha invece parlato all’unisono per difendere la gerarchia di Ratzinger, contro i professori e giovani che, difendendo la laicità dello Stato, si sono opposti all’insopportabile ingerenza nella vita politica e culturale del nostro Paese di un Vaticano, che in questi giorni sta cercando di sferrare un attacco mortale persino al diritto delle donne ad abortire senza umiliazioni e con il minimo di sofferenza.Oggi, a quasi due anni dall’avvento del governo Prodi, il quadro istituzionale è avvelenato come non mai, la mitica unità delle sinistre che doveva servire a fare argine a Berlusconi è stata distrutta dalle “sinistre” stesse e Berlusconi riaccreditato alla grande proprio da esse (Veltroni e Bertinotti in primis), che, come ciliegina finale al cianuro su una torta avvelenata, hanno lavorato con grande energia alla sua rivalutazione, tramite la trattativa sul sistema elettorale, dopo che la battaglia al Cavaliere aveva motivato per anni ogni schifezza. Il PD e il PRC sono arrivati al punto da proporre un governo con Berlusconi pur di salvare le poltrone, cancellando anche l’ultimo, o meglio l’unico, argomento che aveva legittimato il governo Prodi anche nei suoi punti più bassi. E non solo il centrosinistra tutto ha rivalutato il Cavaliere oltre ogni previsione, ma addirittura si è proposto e si ripropone di governarci insieme. Dicevamo prima delle elezioni che tra il centrodestra e il centrosinistra non ci sarebbe stata più differenza di quanta ce n’è negli Stati Uniti tra partito repubblicano e democratico. Sbagliavamo. Non c’è nemmeno più quella: il PD vuole, se i risultati elettorali saranno di un certo tipo, governare in una grande coalizione con Berlusconi e Fini.La nostra distanza e ripulsa, dunque, nei confronti di PD e PdL è massima. Ma la neonata Sinistra Arcobaleno non merita nulla di più. Nasce come operazione obbligata per salvare le burocrazie di quattro partiti sottomessi in questi due anni al liberismo, bellicismo, clericalismo e razzismo del governo Prodi; e si dà come obiettivo ancora oggi l’alleanza e un governo comune con un PD legato al Vaticano e alla Confindustria, che a sua volta vuole governare con i Berlusconi e i Fini. E soprattutto nella Sinistra arcobaleno ci sono i partiti più responsabili dello sfascio a sinistra, della divisione e tentata disgregazione dei movimenti, i partiti che più hanno dato “scandalo” a giovani e meno giovani, togliendo la voglia, con il loro trasformismo senza limiti, a milioni di persone di continuare a battersi per un mondo migliore. Quella marea di giovani che a Genova si era avvicinata al conflitto e alla speranza di “un altro mondo possibile” si è trovata di fronte una casta politica non dissimile dalle altre, disposta, oltre che a giustificare ogni infamia del governo Prodi, ad esaltare persino reparti bellici di ispirazione fascistoide come la Folgore o le gerarchie vaticane indicate come “maestre di vita e elevate autorità morali”, e ad attaccare i pochi e coraggiosi contestatori del papa-re alla Sapienza.Di fronte a questo agghiacciante quadro chi ci dovesse dire: “non schierandovi con la sinistra contribuite al ritorno di Berlusconi”, verrebbe ridicolizzato proprio dalla sedicente “sinistra”, visto che il progetto del PD è proprio quello di andare al governo con il Cavaliere, mentre le forze principali della Sinistra Arcobaleno hanno trattato con lui fino a ieri per la legge elettorale, definendolo interlocutore credibile e affidabile. Per tutte queste ragioni, mentre confermiamo come COBAS il nostro massimo impegno per l’intensificazione del conflitto contro il liberismo, la guerra, il patriarcato, la devastazione ambientale, il razzismo, i nuovi rigurgiti fascisti, la repressione e contro qualsiasi governo emerga dalle urne del 13-14 aprile, nonchè la disponibilità ad ampie alleanze e a fronti e patti unitari tematici con chi è intenzionato come noi a lavorare per potenziare tale conflitto, dichiariamo che NELLE PROSSIME ELEZIONI NON SOSTERREMO NESSUNA LISTA, NON DAREMO INDICAZIONE DI VOTO PER NESSUNO, NON METTEREMO CANDIDATI IN ALCUNA LISTA; E CHE NOSTRI MILITANTI CHE DOVESSERO EVENTUALMENTE CANDIDARSI LO FAREBBERO SENZA ALCUN COINVOLGIMENTO DEI COBAS E NON AVREBBERO IL NOSTRO SOSTEGNO.

Confederazione COBAS

assemblea dibattito a Pisa sul fallimento del centro sinistra

GIOVEDI’ 21 FEBBRAIO
ORE 21,15

presso la biblioteca comunale Lungarno Galilei 42 Pisa

ASSEMBLEA – DIBATTITO
FALLIMENTO DEL CENTRO-SINISTRA
E CRISI DELLA SINISTRA ARCOBALENO

I COMUNISTI
E LA SINISTRA ANTICAPITALISTA
TRA EMERGENZA DEMOCRATICA, CONFLITTO SOCIALE E GUERRA PERMANENTE



Interverranno:

Peppe D'Alesio Cordinamento per l’Unità dei Comunisti

Mimmo Provenzano Rete dei comunisti

Matteo Bartolini Sinistra critica

Ruggero Rognoni Pcl

lunedì 11 febbraio 2008


9 anni di Governo Rivoluzionario

Grandi opere per non dimenticare

Il Governo Rivoluzionario del Venezuela compie 9 anni pieni di successi. Ha estinto il debito con la Banca Mondiale e con il Fondo Monetario Internazionale, ha recuperato l’industria nazionale petrolifera (PDVSA), ha sradicato l’analfabetismo, ha il Prodotto Interno Lordo più alto dell’America Latina e le riserve internazionali superano i 30 milioni di dollari.

La rivoluzione venezuelana arriva nel 1998 con la vittoria del candidato Higo Chàvez Frìas nelle elezioni presidenziali dello stesso anno. L’essenza della sua campagna elettorale è stato convocare un’Assemblea Costituente per dare vita ad una nuova Costituzione, che servisse da base politica per rifondare la Repubblica e fondare un nuovo stato che garantisse l’uguaglianza.

Così è stato ed il risultato fu l’approvazione della costituzione del 1999, nel cui preambolo venne stabilito il modello di società verso cui si sarebbero diretti tutti gli sforzi del governo: una società democratica, partecipativa e protagonistica, multietnica e pluriculturale, in uno stato di giustizia, federale e decentralizzato, tutto ciò in sostituzione della costituzione del ’61, che stabiliva una democrazia politica, rappresentativa, che servì al bipartitismo e che permise di radicare nel paese il modello neoliberale.

Le politiche economiche neoliberali implementate in Venezuela durante i 40 anni di democrazia rappresentativa, ebbero un effetto negativo sui diritti sociali della popolazione. In questo periodo, due tendenze predominanti emersero nei settori della salute e della educazione: la privatizzazione e l’esclusione, che relegarono il popolo venezuelano in condizioni di miseria e povertà. Questa realtà si tradusse nel malcontento popolare e fu la principale causa della protesta e dei saccheggi del 27 Febbraio 1989, conosciuta come “El Caracazo”, così come la rivolta civico-militare contro il governo di Carlos Andrés Pérez nel 1992, della quale uno dei principali leader fu l’attuale Capo di Stato della Repubblica Bolivariana del Venezuela.

Con la vittoria elettorale del Presidente Hugo Chàvez Frìas e la redazione della nuova Costituzione de parte dell’Assemblea Costituente, si sono aperti gli orizzonti per il popolo venezuelano. Si abbandonò la via della democrazia rappresentativa e nacque la democrazia partecipativa e protagonistica, venne riconosciuto che il Venezuela è un paese multietnico e pluriculturale, anche attraverso il riconoscimento dei diritti dei popoli indigeni. Così si definisce lo stato venezuelano, come uno Stato di Diritto e di Giustizia.

Siamo giunti al 10° anno della rivoluzione, l’anno delle 3 “R”: Revisione, Rettificazione, Reimpulso. Ma sono passati 9 anni e dobbiamo fare una valutazione delle opere del Governo. Qui sono menzionati solo alcuni dei grandi e piccoli successi che non dobbiamo dimenticare.

Sviluppo Umano e Crescita Economica

Il Venezuela nel 2007 ha ottenuto un Indice di Sviluppo Umano pari a 0,792 collocandosi al 74° posto di 177 paesi. L’Indice di Sviluppo Umano è un indicatore del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD) basato su 3 variabili: aspettativa di vita della popolazione, educazione e dignità del livello di vita in base al Prodotto Interno Lordo (P.I.L.) indicato in dollari (USD).

Il P.I.L. del Venezuela è il più alto dell’America Latina con una crescita pari all’11,8%.
Questo è dovuto alle politiche economiche e sociali messe in moto dalla rivoluzione bolivariana.
Il Presidente Hugo Chàvez Frìas, durante la consegna dell’informativa ufficiale (Memoria y Cuenta 2007) sottolineò che il salario minimo venezuelano è il più alto dell’intera regione con 286 dollari mensili e le riserve internazionali, fino al 31 dicembre dello scorso anno, hanno raggiunto i 34 miliardi di dollari, un vero record per il nostro paese.

Durante il suo discorso di fronte all’Assemblea Nazionale, el Presidente Chàvez, ha anche informato il paese che la disoccupazione è scesa al 6,3% nell’anno 2007 e che il 55,6% dei lavoratori sono occupati in settori dell’economia formale. Questi elementi hanno contribuito a determinare un aumento della possibilità di entrate delle classi più povere tra il 300 ed il 400%.

D’altra parte la società Latinobarometro ha realizzato una indagine di opinione pubblica nel 2007, con circa 19.000 interviste in 18 paesi dell’America Latina, in rappresentanza di oltre 400 milioni di abitanti, dalla quale sono emersi dati interessanti e molto favorevoli al paese.

Ad esempio, il 67% dei venezuelani ritiene che lo stato possa dare soluzione ai propri problemi, che il livello di fiducia nel governo è del 66%, mentre la percezione della crescita economica si riscontra nel 52% dei casi. Per di più nei 10 anni di governo si sono realizzati 11 eventi elettorali, “...Questo è un paese che si è abituato a a partecipare in molte forme, a diversi livelli, su varia scala, e con distinti risultati...”, afferma il Capo di Stato nel suo discorso alla Nazione.


Venezuela territorio libero dall’analfabetismo


Il Venezuela è stato dichiarato territorio libero dall’analfabetismo nell’Ottobre del 2005, successo riconosciuto da parte di diversi enti multilaterali nel mondo tra i quali l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU). La Missione “Robinson” ha permesso di alfabetizzare oltre un milione e cinquecentomila venezuelani.

Sono state costruite 45 città universitarie delle quali hanno beneficiato circa 31.900 studenti.

Le iscrizioni scolastiche per gli anni 1997/98 fu di 6 milioni 26 alunni pari al 26,4% della popolazione nazionale. Per l’anno 2006/07 le iscrizioni sono arrivate a 11 milioni 831 mila studenti, includendo i “Simoncitos” che sono i centri di assistenza ed educazione infantile (prima inesistenti).

Veloce come un treno

La costruzione del Sistema Ferroviario Nazionale è uno dei grandi progetti del Governo Bolivariano in materia di trasporto pubblici di massa.
Fin’ora si è costruita la ferrovia de Los Valles del Tuy e stanno procedendo i lavori della tratta Puerto Cabello – La Encrucijada.

Anche nei singoli stati sono state avviate grandi opere, come la metropolitana di Valencia, la metropolitana di Maracaibo, il filobus di Merida e la riorganizzazione del trasporto di massa di Barquisimento e Tranbarca. Sono inoltre state costruite le seguenti autostrade: Acarigua-Barquisimento; la circonvallazione nord di Barquisimento; la Josè Antonio Paez, che unisce San Antonio con La Fria, nello stato Tachira; la Gran Mariscal de Ayacucho nella parte orientale del paese; la Avenida La Playa nello stato Vargas ed il secondo ponte sull’Orinoco: l’ “Orinoquia”.

L’Ospedale Cardiologico Infantile Latinoamericano, “Dr. Gilberto Rodriguez Ochoa”, e le residenze dello stesso ospedale costituiscono davvero un’opera di cuore che salva la vita delle bambine e dei bambini latinoamericani.

La Rivoluzione Incentiva le imprese di produzione sociale

La Corporazione Venezuelana Agraria (CVA) mantiene 52 unità di produzione socialista, tra le quali impianti di produzione di beni alimentari di prima necessità (latte, mais, etc.) distribuiti in diverse regioni del territorio nazionale.

Energia: più quantità e più qualità

Il Governo Bolivariano ha messo tutto l’impegno nello sviluppo del potenziale energetico del paese, per metterlo al servizio della popolazione. La creazione della centrale idroelettrica “Francisco de Miranda” ne è la dimostrazione.
Sempre nell’ambito dell’energia è importante sottolineare la creazione della centrale termoelettrica “Rafael Urdaneta” ed i progetti in materia petrolifera.

Una volta giunti ad uno studio avanzato di questa fase, si è creato il “Piano di Approvigionamento Petrolifero 2002-2015”, che consta di 6 linee strategiche vitali per il paese:
- Magna Reserva: che consiste nella quantificazione e certificazione delle riserve petrolifere nella falda dell’Orinoco;
- Proyecto Orinoco: nato per sviluppare la falda petrolifera dell’Orinoco;
- Proyecto Delta del Caribe: aggiunge il gas all’offerta energetica del paese;
- Aumento della capacità di raffinazione;
- Creazione di nuove infrastrutture;
- Promozione dell’integrazione continentale anche attraverso le risorse petrolifere.

Queste risorse petrolifere sono investite nei molti programmi sociali, come le Missioni Bolivariane, che includono diverse aree (salute, educazione, abitazioni, alimentazione, etc.).

D’altra parte va tenuto presente che la produzione di petrolio grezzo venezuelano dell’impresa nazionale (PDVSA) è arrivato nel 2007 a 2,3 milioni di barili al giorno.

Il Venezuela propone 4 riforme urgenti all’ONU:
- L’ampliamento del Consiglio di Sicurezza
- La revisione delle norme sui lavori per favorire la trasparenza nei processi decisionali
- L’abolizione del diritto di veto
- Il rafforzamento della figura e dei poteri del Segretario Generale




Fonti consultate:
http://www.trinchera.org.ve

http://www.gobiernoenlinea.ve

http://www.minci.gob.ve

http://www.minci.gob.ve

http://www.misionribas.gov.ve

lunedì 4 febbraio 2008

CUBA HA CELEBRATO IL 21 GENNAIO LE ELEZIONI CON IL 40,8% DI CANDIDATURE FEMMINILI



A Cuba si sono svolte domenica 21 gennaio le elezioni generali, in cui sono stati eletti i 1201 delegati delle assemblee provinciali e 614 deputati al Parlamento. Fra i candidati vi era un gran numero di donne, in un paese in cui le donne hanno guadagnato una partecipazione attiva in tutti i livelli della società.

Secondo Mayra Álvarez, membro della Commissione di Candidatura, a Cuba le cifre della partecipazione femminile alla politica sono in aumento e in queste elezioni la rappresentanza delle donne sul numero totale dei candidati raggiungerà livelli storici.

Cuba può vantare una “rappresentanza di candidati femminili tra i delegati provinciali del 40,8 per cento, molto superiore a quelle delle precedenti elezioni”, ha dichiarato in un’intervista con l’inviata di TeleSUR all’Avana, Patricia Villegas.

Alle ultime elezioni si era avuto il 37% di rappresentanze femminili. “Nell’Assemblea Nazionale, fra le candidature proposte al popolo che si voteranno domenica in maniera diretta e segreta, le donne sono il 43,16%”, ha precisato la Álvarez.

Fra i leader mondiali della partecipazione femminile

Si stima che nel mondo la media della rappresentanza femminile nei parlamenti sia del 17%, secondo quanto affermato dal membro della Commissione di Candidatura.

Ella sottolinea che “Cuba è, in questo momento, all’ottavo posto nel mondo e con questo numero di candidature femminili salirà al terzo posto nel mondo per presenza di donne in un Parlamento”.

La Álvarez insiste sul fatto che queste cifre si sono raggiunte senza bisogno di una legge sulle quote.

“Credo sia un riflesso del ruolo delle cubane, del successo che hanno ottenuto in tutti questi anni, di come siano rappresentate in tutti i settori della società”, commenta.

Per la rappresentante si tratta di una battaglia che ha avuto successo grazie soprattutto alla consapevolezza e all’educazione, “le persone riconoscono il ruolo della donna, la necessità che le donne siano rappresentate e partecipino nell’attività decisionale a tutti i livelli”.

La chiave sta nella partecipazione popolare

Mayra Álvarez ha anche descritto lo svolgimento del processo elettorale a Cuba, sottolineando che esso è fondato sulla partecipazione popolare a tutti i livelli, a partire dalle decisioni che si formano all’interno delle comunità.

Un aspetto importante è “la partecipazione delle comunità, a partire dai quartieri. E’ da lì che provengono i primi delegati e le prime delegate del Potere Popolare”, ha detto la rappresentante.

I candidati delle elezioni cubane sono nominati in modo libero e diretto dai propri stessi elettori, senza la mediazione di partiti politici. Sono indicativi per la nomina i valori umani e i meriti personali e sociali.

Vi è nell’isola una Commissione di Candidatura nazionale composta dai rappresentanti di tutte le organizzazioni di massa, di lavoratori, contadini, donne e studenti.

Questo sistema elettorale fu istituito nel 1976, quando attraverso un referendum i cubani decisero di dare all’isola una nuova costituzione.

Il partito non compare sulle schede elettorali

Fra le caratteristiche del sistema elettorale cubano, vi è il fatto che i partiti politici non partecipano alle elezioni. “Vi sono persone che sono militanti del partito (Partito Comunista) e altre che non lo sono. Chi realmente propone, nomina ed elegge i candidati a tutti i livelli sono i quartieri popolari e in un secondo momento le assemblee municipali”, spiega Mayra.

Secondo i dati, il 63 per cento dei candidati a queste elezioni è di nuova nomina. Delle persone elette nella scorsa legislatura, solo il 30 per cento è stato ricandidato.

“La maggioranza sono nuovi compagni e nuove compagne, come parte di un normale processo di rinnovamento, il che sottolinea, soprattutto, la continuità della rivoluzione, la continuità del compromesso di cubane e cubani con il nostro progetto sociale”, commenta Mayra Álvarez.

I mandati sono revocabili

A Cuba qualunque cittadino che abbia il pieno godimento dei diritti elettorali può nominare un candidato o essere proposto come tale. Allo stesso modo, tutti hanno il diritto di presentare esposti o proteste riguardo lo svolgimento del processo elettorale.

Per risultare eletti occorre ricevere la maggioranza assoluta dei voti durante lo scrutinio pubblico, aperto alla partecipazione di tutti. Gli eletti non ricevono alcun beneficio monetario dall’esercizio delle loro funzioni, ma devono rendere conto periodicamente ai propri elettori, i quali possono revocare il loro mandato in qualsiasi momento.

A Cuba, i maggiori di 16 anni che non abbiano incapacità mentale o legale sono inclusi automaticamente nelle liste dei votanti, senza ricorrere a procedimenti macchinosi. La lista degli elettori è pubblica e soggetta al controllo popolare.

Il voto è segreto, diretto, ma non obbligatorio. A differenza dei paesi in cui i militari sorvegliano le urne, nell’isola caraibica questa sorveglianza è affidata agli studenti delle scuole primarie.

Da parte sua, il presidente dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare di Cuba, Ricardo Alarcón, ha assicurato di non essere preoccupato degli attacchi da parte dei governi reazionari, né di quelli del presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, poiché i cubani dimostrano che la loro democrazia è molto più partecipativa e diretta di quella di molti altri paesi.

Intervistato in esclusiva all’Avana dall’inviata speciale di TeleSUR, Patricia Villegas, Alarcón ha toccato diversi aspetti del processo elettorale nell’isola e ha sottolineato la trasparenza, l’impegno civico e la partecipazione delle donne.

Ha anche parlato delle critiche mosse alla Rivoluzione Cubana, riguardo la presunta assenza di libertà democratiche, secondo quanto affermato da Bush nell’ottobre dello scorso anno, quando egli annunciò una serie di misure volte a inasprire il blocco commerciale e dichiarò in spagnolo ai cubani: “Cuba será pronto libre”.

“A Cuba sì che si vota liberamente”, ha detto Alarcón paragonando il sistema elettorale rappresentativo nordamericano con l’ampia partecipazione popolare che caratterizza le elezioni a Cuba, dove i delegati politici nascono direttamente all’interno delle comunità.

“Una maggioranza molto ampia di cittadini cubani va a votare con fiducia, seleziona alcuni dei candidati e la maggior parte, ne sono certo, vota per tutti i candidati in lista”, ha detto riferendosi al cosiddetto “voto unito”.

Alarcón ha affermato di essersi divertito molto vedendo il presidente Bush parlare in spagnolo per esortare i cubani ad avere “fede” nella “libertà”.

“Era davvero una festa sentire Bush che diceva: ‘Io mi rivolgo a questi cubani che ora mi stanno ascoltando, forse a rischio della propria vita’. Ti immagini lo sghignazzo collettivo di tutta Cuba quando ha visto questo signore esprimersi in modo così scollegato dalla realtà?”, ha detto Alarcón.

Fortunate differenze

Secondo Alarcón, il fatto che l’anno elettorale di Cuba coincida con quello degli Stati Uniti “è un’opportunità in più per paragonare e studiare un sistema tanto diverso e, ovviamente, tanto ammantato di ideali democratici come quello nordamericano”.

“L’anno elettorale (negli USA) è appena cominciato e già abbiamo visto diversi candidati, piuttosto conosciuti, che hanno dovuto interrompere il loro percorso per aver finito il denaro, per non essere riusciti a raccogliere i fondi necessari per proseguire una campagna elettorale così lunga e costosa”, ha spiegato.

Il presidente dell’Assemblea Nazionale cubana ha ripetuto la frase di John Kerry, ex senatore del Massachusetts ed ex candidato alla presidenza: “Bisogna lasciar votare la gente”.

“Il fatto è che (negli USA) vi sono ostacoli che impediscono alla gente di votare. E lui (Kerry) si è riferito a due esempi concreti: si è riferito a una legge appena varata nello stato dell’Indiana che istituisce nuove restrizioni per l’accesso alle urne”.

In Nevada i neri non votano

“Ma Kerry ha detto che esistono altre restrizioni a danno dei democratici”, insiste Alarcón: “Vi è una gran quantità di operai neri che in Nevada non potranno votare, e non lo dico io, lo dice Kerry”.

“Il Nevada è lo stato le cui principali industrie sono il turismo, il gioco d’azzardo, gli alberghi. Tutta la zona di Las Vegas. Ciò vuol dire che molti lavoratori degli alberghi e dei casinò, che dovranno lavorare durante il fine settimana (quando si terranno le primarie di partito), non potranno votare, salvo facilitazioni che consentano loro di votare nei luoghi di lavoro.

Il Partito Democratico, per le sue elezioni primarie, aveva accettato di offrire anche a questi lavoratori la possibilità di votare. Fino al giorno in cui al sindacato dei lavoratori culinari americani non è venuto in mente di appoggiare la candidatura di Barack Obama”.

“Allora, molto semplicemente, li hanno privati del diritto di voto. Come? Non permettendo che si possa votare negli hotel e in nessuno di questi luoghi”. “Questo equivale ad eliminare il diritto di voto”.

“Insisto, tutti i cubani hanno realmente la possibilità e il diritto di votare”, ha concluso Alarcón. “Potremmo anche condividere (ciò che dice Kerry), purché garantiscano al popolo americano questo elementare diritto”.

domenica 3 febbraio 2008

Assolutamente un successone

Non potremmo definire altrimenti la manifestazione nazionale di sabato, non potrebbe passare diversamente agli archivi della memoria nostra e della città tutta.

Chi, dal basso o dall’alto, ha pensato bene di provare a gettare discredito sul risultato ottenuto dal movimento dei movimenti, sceso festosamente in piazza, lo ha fatto certo non per amor di cronaca o di responsabilità ma perché, i pennivendoli cosentini tutti, assolutamente funzionali alla realizzazione dei piani criminosi che si perpetrano in questa città, non possono certo tradire le aspettative dei loro finanziatori/fiancheggiatori occulti, spesso i soggetti contro i quali, il movimento cosentino si scaglia nel combattere le sue battaglie per le libertà e la giustizia sociale.

Ridurre ad una mera questione numerica la portata della giornata di ieri, ricorda il tentativo di qualcuno di voler definire sovversione la presa di coscienza di tanti e tante che ancora, vogliono credere e vogliono lottare per rendere il mondo un qualcosa di diverso; pubblicare di negozi chiusi e commercianti trincerati dietro sbarre, è ammettere candidamente della faziosità che contraddistingue le redazioni cittadine; provare a riesumare simboli e frasi che Cosenza non ha mai conosciuto, sa semplicemente di barzelletta fuori tempo.

E ieri si è scesi in piazza per ribadire questo: Cosenza è una città viva, poco incline a subire passivamente strumentalizzazioni di sorta, solidale e schierata al fianco dei suoi figli perseguitati da un teorema visionario, un romanzo, un qualcosa che insomma tutto è, tranne che un impianto accusatorio presentato per come la legge dispone ovvero basato su delle prove certe.

Dunque, si riparte dalla piazza, piazza Zumbini per l’esattezza, piazza scelta non a caso: dice Voltaire, che per misurare il grado di democrazia d’un popolo, basterebbe fare un giro nelle sue carceri; crediamo noi, che altro strumento per tastare il polso al grado di democraticità d’una nazione, sia indagarsi su quante morti bianche vi occorrano ogni anno… Proprio per voler dare luce a questo dolente tasto, è stato scelto il monumento ai caduti sul lavoro per far da sfondo al concentramento dei manifestanti, una sirena da “inizio turno” per scandirne la partenza.

Già la massiccia partecipazione alle iniziative d’avvicinamento alla data di sabato, ci aveva confortato e non poco, donandoci ottimismo nell’immaginare del corteo.

Ma la sete di partecipazione di Cosenza, ieri, ha stupito anche noi, ed in specie quando il serpentone s’è inerpicato tra le strade del centro storico, fredde ed ammuffite mura ma abitate da gente col cuore grande.

Questo è il dato che ci interessa analizzare e rilanciare: la gente non ha mai smesso di credere e d’essere cosciente che è la partecipazione l’unico strumento di cui dispone per far sentire la sua voce ed anche se cittadini in una terra martoriata ed erosa nelle sue viscere dal malaffare, nella quale ogni tentativo di creare una rete permanente promossa da chi non vuole piegarsi a queste logiche di prevaricazione viene immediatamente ostraciato da questure, procure e scagnozzi vari, anche loro, i signorotti detentori dei poteri forti, tremano dinnanzi ad una partecipazione viva come quella di sabato, mossa sulla scia dell’indignazione provocata dal loro atteggiarsi in città.

Sosteniamo dunque, essere l’incontro il momento dal quale far emergere la voglia di cambiamento mostrata ieri dai cosentini.

Incontro e confronto, quali reazioni genuine da contrapporre alle illiberali coercizioni che s’abbattono quotidianamente sulle nostre vite.

Incontro e confronto che, proprio perché uniche armi in mano nostra, dovranno avvenire come sempre alla luce del sole.

Rilanciamo dunque, come nelle giornate di preparazione del corteo, l’idea di far ruotare il dissenso e la voglia di sovvertire alle dinamiche che ci vorrebbero perdenti, attorno al chiosco comunale sito in piazza XI settembre, cui chiederemo il prolungamento della concessione. Che diventi il punto di raccolta del malcontento d’ogni cittadino, che diventi il punto di partenza per la costruzione d’una nuova città vivibile. Che faccia circolare non solo appelli di solidarietà a chi si trova sotto processo, ma anche a chi nei territori lotta per non farsi schiacciare da logiche che impongono il malaffare prima della dignità della popolazione.
Intanto ricordiamo che lunedì 4 febbraio, nell'aula di Corte d'Assise riprenderà il processo con le arringhe della difesa, certi che il collegio difensivo non incontrerà nessuna difficoltà a rendere, agli occhi della Corte, semplicistiche le accuse mosse dal Fiordaliso.

Cosenza, domenica 3 febbraio 2008
COORDINAMENTO LIBERITUTTI

Per un azzeramento degli organici della ASL di Vibo Valentia e il ripristino degli stessi attraverso nuovi, regolari e trasparenti concorsi pubblici

questa è una petizione del meetup degli amici di Beppe Grillo di Vibo Valentia lanciata in risposta alla provocazione dei medici dell'ospedale di Vibo che hanno chiesto la chiusura dell'ospedale stesso. Chiunque può firmarla all'indirizzo http://www.petitiononline.com/asl8vibo/petition.html.

Unità Comunista di Vibo Valentia aderisce convintamente all'iniziativa, la sostiene e invita tutti a sottoscvriverla e a farla girare.



Al Ministro della Salute della Repubblica Italiana
e p.c.
Al Presidente della Repubblica Italiana
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Al Presidente della Regione Calabria
All’Assessore Regionale della Salute

Signor Ministro,
Le scriviamo come semplici cittadini, pensionati, lavoratori, studenti, donne e uomini di Vibo Valentia che non chiedono la Luna, ma vorrebbero vivere in un Paese normale, in una città normale in cui le persone oneste e preparate nel loro campo possano emergere senza difficoltà e siano libere di svolgere il loro compito per la società civile al meglio delle loro possibilità; una città i cui cittadini abbiano la facoltà di esercitare integralmente i diritti che la Costituzione della Repubblica concede loro.
E invece, siamo a Vibo Valentia…
Le vicende del nostro ospedale, signor Ministro, sono finite sulle prime pagine della cronaca nazionale e tutto il clamore, suscitato soprattutto dai gravissimi casi di malasanità verificatisi nell’ultimo anno, lungi dal vederlo come una disgrazia, lo consideriamo, piuttosto, come un’occasione unica, da non lasciarci sfuggire: oggi abbiamo, finalmente, la possibilità di uscire dall’isolamento “omertoso” in cui abbiamo vissuto per troppo tempo!
Le ispezioni dei N.A.S. presso l’ospedale di Vibo Valentia, ordinate in conseguenza di questi casi, hanno denunciato circa 800 violazioni delle norme che dovrebbero garantire la sicurezza e la salute dei cittadini. Eppure, una struttura ospedaliera così fatiscente gode di risorse umane di straordinario livello, visto che a Vibo Valentia c’è la più alta densità planetaria di luminari… In un recentissimo articolo apparso sul Corriere della Sera dello scorso 14 gennaio, Gian Antonio Stella ha gettato un po’ di luce sulla situazione della ASL di Vibo Valentia: oltre 1.900 dipendenti, dei quali 386 medici (115 in ospedale, gli altri «fuori sul territorio»), 680 infermieri e tecnici (220 in ospedale, gli altri «fuori»), 140 ausiliari (16 in ospedale, gli altri «fuori»), 650 impiegati amministrativi e tecnici, dei quali solo 10 in ospedale… per un totale di 200 letti e 191 ricoveri medi giornalieri! E se tutto questo non bastasse, consideri, signor Ministro, che tra i medici, 40 sono i primari, 85 i dirigenti di strutture semplici e 153 i medici ad «alta specializzazione»; in tutto sono 6 le strutture ospedaliere – di due delle quali si attende da un decennio l’inizio dei lavori per la costruzione di nuove e ambiziosissime sedi, Vibo e Nicotera (quest’ultima attiva solo come laboratorio analisi!), e una, Pizzo Calabro, che in 60 anni non ha mai aperto – per una provincia di 170 mila abitanti circa…
Il sospetto che tutto questo fiorire di carriere da luminari e di progetti irrealizzati sia dovuto alla corruzione della classe dirigente e della classe medica è fondato su questi dati, ma ancor più sulla nostra quotidiana esperienza della totale inadeguatezza delle strutture sanitarie, dell’inefficienza della gestione dirigenziale e dell’incompetenza di tanta parte del personale medico e paramedico. Non solo, anche alcuni medici dell’ospedale stesso sembrano pensarla così: «Purtroppo la classe medica vibonese, con le debite eccezioni, non è libera. È debitrice verso gli elargitori di prebende di carriera» ha detto il primario di un reparto dell’ospedale di Vibo Valentia; un altro ha scritto al Presidente della Regione Agazio Loiero parlandogli di direttori generali «addomesticati» e di sindacati medici «lontani anni luce dalla gente che lavora».
In questa situazione di disfatta generale e di fuga precipitosa, i medici dell’ospedale di Vibo Valentia, provocatoriamente, hanno proposto la chiusura dell’ospedale stesso, in questi termini: «Le recenti vicende che hanno coinvolto l'ospedale di Vibo Valentia hanno determinato un inaccettabile clima di sfiducia e di sospetto su ogni aspetto dell'attività dell'ospedale, indipendentemente dalle eventuali responsabilità nei casi specifici, che andranno accertati e perseguiti. […] Ogni giorno corriamo il rischio di essere derisi, maltrattati, oltraggiati, offesi, aggrediti, denunciati ed ormai tutto il personale, in particolare quello medico, si sente intimidito e rischia di perdere ogni serenità nelle valutazioni e nelle decisioni cliniche. I recenti provvedimenti delle autorità hanno ridotto le potenzialità dell'ospedale: chiusa la psichiatria, la pediatria, l'urologia, l'otorinolaringoiatria, la nefrologia, dimezzata la cardiologia, la medicina, la chirurgia, le malattie infettive, assenti la chirurgia toracica e vascolare, la neurochirurgia, grava sul Pronto soccorso e sul 118 l'onere di gestire i pazienti critici e di curarne il trasferimento presso gli ospedali meglio attrezzati. […] Non e' difficile prevedere che in una simile situazione di disagio si verificheranno numerosi casi "critici" che, implacabilmente, riscuoteranno l'attenzione della stampa, sempre vigile sull'"ospedale killer", unico esempio tra gli ospedali italiani e d'Europa nel quale gli eventi infausti e le disgrazie portano alla persecuzione quotidiana e selvaggia di un'intera categoria di professionisti. […] Forse la chiusura dell'Ospedale sarà la soluzione di ogni problema e non troverà nessuna opposizione da parte di noi medici perchè siamo stanchi e non riusciamo più a difendere quello che, nonostante tutto, è stato ed è ancora un presidio di salute. Andremo a lavorare altrove piuttosto che accettare di imboscarci come tanti, in queste condizioni, hanno già fatto grazie ad una raccomandazione politica. Lasceremo questa terra ingrata come altri, scegliendo la professione e la famiglia. Si troveranno certamente altri medici, più validi di noi, disposti a sostituirci».

Ebbene, noi cittadini, con la nostra firma in calce a questo documento, intendiamo opporci a una soluzione del genere che, secondo il tristemente noto principio “tutti colpevoli, nessun colpevole”, impedirebbe di far luce sulle responsabilità oggettive non solo dei tanti casi di malasanità e sulle morti evitabili, ma anche della gestione clientelare della sanità a Vibo Valentia. Non solo; la chiusura dell’ospedale significherebbe la perdita definitiva dei posti di lavoro e di un servizio essenziale e Vibo Valentia non può permettersi né l’una né l’altra. Vadano pure a lavorare altrove i medici dell’ospedale di Vibo Valentia, se è questo che desiderano, lascino pure questa terra ingrata: troveranno senza alcun dubbio decine di porte aperte e centinaia saranno le strutture sanitarie che si contenderanno l’onore e il vanto dei loro servigi!
Noi, al contrario, chiediamo una soluzione diversa:

  1. il graduale azzeramento degli organici della ASL di Vibo Valentia a qualsiasi livello e in qualsiasi ambito (medico, infermieristico, ausiliario, tecnico e amministrativo) e il reintegro degli stessi tramite nuovi, regolari e trasparenti concorsi pubblici;
  2. il ripristino dei reparti chiusi dell’ospedale di Vibo Valentia, dopo il ristabilimento delle condizioni igienico-sanitarie previste dalla legge.