sabato 21 gennaio 2012

"Forconi":un pò di chiarezza

In questi giorni tutta la Sicilia è paralizzata dal blocco dei caselli autostradali e dei principali nodi di comunicazione da parte di un assai strano movimento detto “dei forconi”. Dopo un primo momento di disinteresse generale operato dai principali media nazionali e locali, la notizia è presto diventata di dominio pubblico, e sembra avere interessato un po’ tutti, dai social network ai giornali locali, imponendosi all'attenzione del grande pubblico.
Le proteste degli autotrasportatori della cosiddetta “forza d'urto”, nome che tra l’altro tristemente ci ricorda qualcosa di più “NUOVA” che purtroppo tanto nuova non è più, a cui si sono unite le proteste di agricoltori e braccianti, hanno già messo in ginocchio dopo pochi giorni di blocco i rifornimenti dell'isola, causando la mancanza di merci e generi di prima necessità, come carburanti vari ed alimenti.


Tale protesta ha creato un certo consenso tra la popolazione, coinvolgendo lavoratori e cittadini siciliani invitandoli ad unirsi ed a solidarizzare con i manifestanti,spingendoli ad informarsi sulle loro ragioni ed anche talune volte, convincendoli ad unirsi ai vari presidi.

Insieme al coinvolgimento dell'opinione pubblica siciliana, il movimento dei forconi ha fatto sorgere innumerevoli dubbi e interrogativi su quali fossero le concrete motivazioni che li hanno spinti a bloccare l'intera isola. Si notano strane ed inquietanti connivenze e similitudini politiche tra il movimento stesso e l'estrema destra, parole d'ordine demagogiche e populiste sono troppo spesso utilizzate per far leva sullo stato di reale crisi sociale ed economica del sistema. L’unica piattaforma rivendicativa appare confusa ed ivi si ritrovano richieste di stampo corporativistico, oltre che i soliti richiami all'indipendenza di un presunto stato siciliano.
Il quadro risulta purtroppo enigmatico e difficile da affrontare e capire.

Quello che è innegabile è che la protesta si fa forte di una reale e concreta situazione di disagio e malessere che nel nostro povero e meridione martoriato da politiche che negli ultimi 60 anni, dall’indomani della strage di Portella delle Ginestre, per intenderci, ha visto sempre più il malaffare e le organizzazioni mafiose collaborare con la politica per sfruttare e distruggere sempre più queste terre.
La rinascita del meridione Italiano deve partire certamente dal sud ed in particolare dai siciliani può tuttavia il movimento dei forconi rappresentare una speranza di emancipazione delle classi subalterne o piuttosto vi è il serio pericolo che lo stesso rappresenti il germe di una uscita a destra dalla crisi?

Dare risposta a questa domanda non è certamente compito facile perché se è vero che un sentimento di malessere diffuso c’è è anche vero le che fin troppo spesso nella storia si è verificato il drammatico fenomeno dell’autodifesa del sistema dominante da parte delle classi che comandano che, in maniera quasi scientifica mettono, a capo di tali sommosse popolari loschi individui che niente hanno a che vedere con l’emancipazione della classe proletaria che riempiendosi la bocca di belle parole e di facili entusiasmi fanno presa sul sottoproletariato facile da raggirare, utili proprio a fare da tappo per arginare quella che potrebbe essere una vera rivoluzione in senso socialista della società.

Chi dirige la protesta?
Cominciamo iniziando col capire la composizione della protesta.
Lo sciopero che sta paralizzando l'economia dell'isola che porta il profetico nome delle “cinque giornate per la Sicilia”, è stato indetto dal “movimento forza d'urto” e appunto dal “movimento dei forconi”.
Il primo riunisce attorno a sé gli autotrasportatori, vero nerbo della protesta, che con i loro tir bloccano i principali snodi viari dell'isola. Leader del movimento è tale Giuseppe Richichi, presidente della principale associazione di categoria siciliana e che in tempi recenti aveva dato vita al “Partito degli Autotrasportatori” che all'ultima tornata per la presidenza della regione ha appoggiato Raffaele Lombardo; poi Salvatore Bella, imprenditore del trasporto su camion in Sicilia, che vede un passato di militanza politica attiva tra la Dc, Forza Italia e Mpa.
Il secondo invece rappresenta la protesta degli agricoltori e dei braccianti, che da subito hanno aderito alla protesta. Tra i fondatori del movimento, nato dopo la visita nella provincia di Ragusa dell'allora ministro all'agricoltura Saverio Romano, tre soggetti dalle indubbie capacità di capipopolo ma dal nebbioso passato: Mariano Ferro ex acceso sostenitore del Mpa; Martino Morsello, segretario di “altra agricoltura sicilia” che comprende al proprio interno imprenditori e braccianti agricoli, nonché invitato fisso nei congressi regionali del partito neo-fascista Forza Nuova; Mariano Ferro, anch'egli fino a poco tempo fa, simpatizzante del Mpa.

Appare quantomeno bizzarro e contraddittorio come personaggi che fino a ieri erano contigui ed organici a quella cerchia di politica da loro stessa definita corrotta ed incompetente a cui a gran voce chiedono di vergognarsi per le male fatte ed a cui chiedono di restituire i soldi al “popolo siciliano” delle loro indennità da parlamentari, possano in così breve tempo, essere folgorai sulla strada di Damasco e dar vita ad una durissima protesta nei confronti proprio di quella classe dirigente che fino a non poco tempo fa, sostenevano e spalleggiavano.

Il sistema affaristico-clientelare dell'isola, che unisce con un sottile filo rosso il governatorato di Totò Cuffaro e quello di Raffaele Lombardo, è sicuramente tra le cause principali del dissesto dell'economia e dell'agricoltura siciliana. Non possiamo e non dobbiamo infatti dimenticare le responsabilità di Lombardo e del suo entourage nell'ingente sperpero di denaro, per esempio pensando alle centinaia di milioni di euro di fondi Fas ancora inutilizzati che, se correttamente impiegati, avrebbero sicuramente migliorato la drammatica situazione in cui versa l'economia siciliana. Oppure facendo riferimento ai 150 milioni di euro impiegati per costituire i famigerati corsi di formazione professionale, individuati come strumento per dare lavoro a migliaia di disoccupati, ma che in realtà si sono rivelati strumenti di clientela politica nelle mani di Lombardo, attraverso cui poter conservare e rigenerare il proprio bacino elettorale, senza considerare come ormai siano migliaia i lavoratori (per la maggior parte neo-laureati) che ancora non hanno ricevuto il becco di un quattrino. Soldi sprecati, anzi meglio, utilizzati per salvaguardare, mantenere e rafforzare il sistema di clientele nella nostra terra, che da sempre hanno garantito al potente di turno la possibilità di mantenere saldo il proprio potere e i propri interessi, mortificando e degradando le grandi esigenze della nostra terra.

Quali rivendicazioni?
Passiamo dunque a valutare le rivendicazioni della protesta.
Colpisce in prima battuta l'assenza di una chiara piattaforma scritta: le richieste sono facilmente deducibili da volantini e da interventi che si riescono a leggere o sentire. Parole d'ordine sono semplici ma confuse, che spesso si macchiano del vizio di populismo e di demagogia: si sente parlare di defiscalizzazione del petrolio estratto nell'isola, la necessità di dichiarare indipendente il popolo siciliano [sic!] dall'oppressione dei “continentali”, la volontà di far risollevare l'agricoltura isolana e non mancano le solite litanie circa la distruzione della casta.
Insomma, la confusione regna sovrana sotto al cielo.
Non per questo però non possiamo cercare di addentrarci nelle reali motivazioni che hanno spinto genuinamente e in buona fede molti lavoratori ad avvicinarsi alla protesta.

L'agricoltura.

Senza dubbio condivisibile appare il grande malessere dei braccianti per la drammatica situazione in cui versa l'agricoltura siciliana. Merci invendute, macchinari antiquati, troppa concorrenza. Impossibile affermare che non abbiano ragione. Ma chi sono i veri responsabili di questo stato di cose? Sicuramente deve essere annoverata la programmazione di una economia continentale (europea) agricola. Sullo stesso mercato ad esempio il consumatore trova arance siciliane e spagnole, con prezzi di gran lunga inferiori per le seconde grazie ad una politica produttiva più capace e a grandi disuguaglianze sul piano strutturale. In questo senso, numerosissimi sono stati e continuano ad essere sussidi e forme di assistenzialismo al settore, per esempio con finanziamenti per alcuni miliardi di euro nel PSR (piano sviluppo rurale). Una pioggia di denaro di provenienza sia europea (ricordiamo che ai sensi del trattato istitutivo dell'Ue, l'agricoltura è materia di competenza esclusiva europea) che ministeriale, che evidentemente non è stata investita sapientemente da chi negli anni si è trovato seduto nelle comode poltrone di palazzo d'Orleans, ma che, parimenti ha visto anchespesso e volentieri gli stessi imprenditori agricoli attuare un comportamento cattivo e connivente con la mala-politica beneficiando così dei sussidi, con truffe, raggiri osperperi di varia natura. Questa convergenza di fattori fa sì che l'agricoltura siciliana sia una delle più depresse e improduttive dell'intero continente europeo, con la conseguente scesa in piazza dei contadini assieme agli autisti dei tir. E' necessario considerare però che il blocco alle merci in questi giorni sta creando ancora di più ingenti danni alla economia agricola dell'isola, con tonnellate di merci pronte da consegnare che ammuffiscono nelle cassette e che impediscono il raccolto degli altri prodotti sui campi.
Sempre sul versante dell’agricoltura, bisogna notare anche la totale assenza, tra le battaglie dei “forconi”, quella dei beni comuni e soprattutto dell’acqua che, in generale, ma soprattutto nel mondo agricolo rappresenta un bene inestimabile, non una parola spesa circa la volontà di volerla privatizzare, non una parola sulla loro idea della gestione delle acque che è bene ricordare in Sicilia troppo spesso le acque vengono sciupate e disperse in mille rivoli di acquedotti vecchi ed antiquati.

Il prezzo dei carburanti.

Le rivendicazioni degli autotrasportatori e dei pescatori si concentrano sugli aumentidel prezzo dei carburanti che in pochi anni è cresciuto di circa il 30%. Una vertiginosa impennata dovuta sia alle quotazioni di mercato dell’oro nero salgono di ora in ora, esia all'aumento delle accise voluto dal governo Monti.
Impensabile, a a loro dire, una tale situazione, considerando che in Sicilia si produce e raffina petrolio, contribuendo al fabbisogno italiano per circa il 70%.
A tal proposito chiedono una non meglio precisata defiscalizzazione sulla lavorazione e sulla distribuzione del greggio siciliano, una sorta di neo-protezionismo nei confronti del petrolio estratto sull'isola.
La questione si riduce ad una mera pretesa corporativa chiedendo, in pratica, che lo Stato diminuisca o elimini la tassazione globale sul prodotto siculo.
Nessun ragionamento di più ampio respiro, nessun riferimento volto verso una riforma che faccia un sistema fiscale omogeneo e progressivo in tutto il territorio nazionale.Bisogna dire a tal punto, che in barba alla tanto decantata indipendenza siciliana, la Sicilia è l'unica regione italiana a godere della riscossione diretta delle imposte sul reddito, tassa che permette di avere grandi introiti nelle casse della regione. Un grande flusso di denaro che evidentemente, ancora una volta, non viene gestito nel migliore dei modi dalla politica siciliana.

Questione dopo questione quindi, i responsabili dello stato delle cose attuali in Sicilia sono sempre la corruzione, il malaffare e la malavita organizzata.

Una cosa è certa, il movimento dei “forconi” raccoglie sempre con maggior forza, basti fare un giro a Catania e provincia, il sostegno e la solidarietà di organizzazioni politiche di estrema destra, che nei loro simboli e nei loro statuti hanno chiari riferimenti alla xenofobia ed al fascismo, come Forza Nuova.
Giungono voci che i militanti dei “forconi” e di “forza d’urto” abbiano un concetto un po’ distorto del diritto di sciopero. Pare che abbiano perpretrato azioni di squadrismo e minaccia al fine di obbligare chi non aveva intensione di scioperare.
Sicuramente tutto ciò ci lascia molto perplessi circa il nostro giudizio su tali movimenti di protesta.

Sarebbe tuttavia, molto sbagliato non considerare nel nostro ragionamento tutti coloro i quali in buona fede e con passione sono scesi in piazza a gridare il loro malessere e a denunciare la loro condizione, che però si ritrovano ad essere strumentalizzati da un movimento che non ha ancora chiarito i suoi obiettivi politici e di mobilitazione. Troppe domande e troppi interrogativi impediscono il formarsi di unaopinione consolidata sul “movimento dei forconi”, da dove è nato e dove vuole arrivare.
È per questa ragione che bisogna chiedere con forza al più grande sindacato dei lavoratori che è la CGIL di intervenire e prendere in mano la questione indicendo uno sciopero generale serio e concordato di non meno di una settimana che dica a Monti e a tutte le forze reazionarie che l’Italia vuole ripartire, che il sud si rialza e lo fa a partire dalle tematiche sociali e dal lavoro che è un diritto per tutti.

Non è pensabile poter riporre le nostre speranze rivoluzionarie (utilizzo volutamente il termine con la stessa leggerezza con cui ne sentito parlare dai leader dei forconi) inun movimento come questo, che porta dentro di se i germi di quella politica che ha rappresentato e che rappresenta l'ostacolo più grande al progresso e alla riscossa della Sicilia. Non possiamo appiattirci su rivendicazioni che non sono ancora state chiarite e che in ogni caso non appartengono alla nostra cultura e tradizione politica. Non possiamo scendere in piazza a fianco degli organizzatori di questa protesta, amici sino a ieri di quel sistema di potere responsabile maggiore dell’arretratezza sociale ed economica della Sicilia che governa da 60 anni, che noi comunisti denunciamo e combattiamo quotidianamente con le nostre lotte. Dovrà anzi essere nostro compito smascherare la presunta strumentalizzazione che stanno vivendo sulla pelle migliaia di lavoratori onesti, squarciando quel velo di ipocrisia e di oscurità che aleggia attorno a questa protesta.
La lotta, la protesta, la mobilitazione, quella vera e genuina è possibile anche nella nostra isola, storicamente considerata una terra conservatrice e reazionaria. Tocca a noi, sapendo canalizzare ed interpretare il malessere che attraversa tutta l'Italia, da Milano a Palermo, cercare di dare un volto definito alla protesta introducendo contenuti, supporti ed analisi, che fino ad adesso, le sono stati estranei.

Emanuele Pagano
segreteria nazionale FGCI

Vincenzo Rosa
Coordinatore FGCI Catania

venerdì 20 gennaio 2012

Assemblea nazionale FGCI a Napoli

Si è concluso da poco a Napoli (14 e 15 gennaio) l’assemblea nazionale della “Federazione Giovanile Comunisti Italiani”. Un’assemblea molto partecipata e dalla quale sono stati molti gli spunti offerti dai tanti giovani accorsi per discutere sulle difficoltà sociali, economiche e politiche che il nostro paese sta attraversando. La soluzione passa dai giovani, è questa infatti la strada imprescindibile da scegliere per risalire la china e riacquistare la dignità perduta del nostro caro paese.
In tutto questo anche il territorio provinciale Vibo Valentia fa e dice la sua. Ancora una volta infatti il gruppo politico del PdCI di Vibo Valentia, ed in questo caso particolare la federazione giovanile provinciale, si trova ai vertici nazionali. Dopo la nomina di Filippo Benedetti nel Comitato Centrale del PdCI, tocca quindi a Francesco Colelli rappresentare il gruppo FGCI nel territorio nazionale. L’ingresso di Francesco Colelli, giovane dalle grandi potenzialità e su cui molti puntano per il futuro, nel coordinamento nazionale della Federazione Giovanile dei Comunisti Italiani premia l’intero gruppo dei giovani vibonesi che non solo a livello locale, con le loro molteplici iniziative, ma anche a livello nazionale si vedono riconosciuti i loro meriti.
Il congresso ha avuto l’onore della visita del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, che ha parlato ai giovani dai quali è guardato con molta ammirazione. Per molti giovani della FGCI infatti De Magistris rappresenta la speranza di una sinistra forte in Italia, una sinistra capace di sfidare i poteri forti a favore dei più deboli, nel rispetto della giustizia sociale e della legalità.
Ha chiuso poi i lavori il segretario nazionale del PdCI, Oliviero Diliberto, che molto sta puntando sui giovani e che non nasconde il sogno un giorno, di consegnare nelle loro mani un unico e forte partito comunista.
Non è un mistero la simpatia del segretario Diliberto verso il gruppo giovanile di Vibo Valentia, a motivo del loro lavoro svolto finora sul territorio. Non mancherà infatti di venire a Vibo Valentia, nel prossimo mese di febbraio, per intraprendere un dibattito con i cittadini Vibonesi con i quali intende intavolare una seria discussione sui temi della crisi e sul futuro dei comunisti.

Coordinamento provinciale Federazione Giovanile Comunisti Italiani

Iniziativa 21 gennaio a Reggio Calabria

Tra pochi giorni cade l’anniversario della fondazione del PCI.
Il 21 gennaio 1921 a Livorno la parte migliore, più combattiva della classe operaia e delle masse popolari del nostro paese, sull’onda della prima rivoluzione socialista della storia, nel clima generale di grandi cambiamenti, con slancio e determinazione dava vita al Partito comunista d’Italia e rompeva con il vecchio riformismo e con il massimalismo.
Oggi ricordare il Pci non è nostalgia, ma un riconoscimento della parte migliore della Storia del nostro paese; la storia del Partito comunista in Italia è, infatti, la storia della Resistenza, delle lotte contadine e operaie, delle lotte studentesche, della lotta alla mafia. E’ la storia di tanti diritti conquistati e di grandi progressi compiuti per l’ermancipazione e il riscatto delle masse popolari..
Questo giorno per noi, che vogliamo riorganizzare e rilanciare una presenza comunista organizzata nel nostro Paese, assume un valore particolare: in quella storia sono presenti insegnamenti fondamentali per l’oggi e per il domani.
La fase che il Paese sta attraversando è tra le più drammatiche, il lavoro ed i saperi sono attaccati duramente ogni giorno e la democrazia vive un restringimento oggettivo.
Il capitalismo vive una crisi di sistema che vuole scaricare sui ceti deboli, sui lavoratori, sui pensionati, sui giovani e sul mezzogiorno.
Il nostro sforzo è dunque riorganizzare la classe lavoratrice, oggi sempre più frantumata, ma che vive con sempre maggiore asprezza lo sfruttamento e ricostruire un punto di vista critico, organico, che possa essere la prospettiva nella lotta di ciascuno.
Per questo nel ricordare il 21gennaio 1921, riproponiamo un impegno e un’iniziativa che vale per l’attualità ma soprattutto per il futuro di questa società.
In questo quadro la Federazione Provinciale del Partito dei Comunisti Italiani di Reggio Calabria promuove una manifestazione  politica che terrà a Reggio Calabria Sabato 21 gennaio con inizio alle ore 17.00 nella Sala "Giuditta Levato" del Consiglio Regionale della Calabria sul tema:
“CULTURA-GIOVANI-MEZZOGIORNO. DALLA CRISI LA NECESSITA’ DI UN RUOLO FORTE E RINNOVATO DEI COMUNISTI E DELLA SINISTRA.”
All'iniziativa politica, che non a caso si terrà nel 91° anniversario della nascita del Partito Comunista Italiano, parteciperanno, tra gli altri, Daniela Labate, coordinatrice provinciale Fgci di Reggio Calabria, Lorenzo Fascì, Segretario Provinciale del PdCI di Reggio Calabria, Pasquino Crupi, Direttore de "La Riviera", Michelangelo Tripodi, segretario regionale e responsabile nazionale dipartimento Mezzogiorno del PdCI.
Le conclusioni dell'iniziativa saranno affidate a Francesco Francescaglia, responsabile nazionale organizzazione del PdCI.
Dopo l'iniziativa,  alle ore 21.00. nei locali del Partito dei Comunisti Italiani di Reggio Calabria (Via Paolo Pellicano, 21/B) si terrà una cena sociale aperta agli iscritti e ai simpatizzanti.

Reggio Calabria, 19 gennaio 2012
                                                                                Partito dei Comunisti Italiani
                                                                     Federazione Provinciale di Reggio Calabria

Caduta del gradimento di Scopelliti

Il Governance Poll 2011,  indagine annuale sul gradimento degli amministratori locali promossa dal Sole 24 ore, rappresenta una brutta tegola per il Presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti.
Infatti, i dati pubblicati sono pesantissimi poiché insieme al suo collega di partito Formigoni è tra i presidenti di regione che perde di più, cioè  il 5 % in meno di gradimento in un solo anno.
E’ un segnale negativo che va ben oltre un semplice campanello di allarme. 
A quasi due anni dalla sua elezione, tutte le promesse  che Scopelliti aveva fatto sono state totalmente disattese in tutti i campi dalla sanità ai trasporti, dal POR Calabria alle infrastrutture, dai rifiuti  all’agricoltura, dai servizi sociali alle politiche del lavoro per i giovani.
I calabresi cominciano a prendere coscienza della dura realtà che fa a pugni con le campagne mediatiche a spese del bilancio regionale con cui Scopelliti tenta di nascondere il suo fallimento  coprendolo con il fumo della propaganda.
E’ la stessa operazione che aveva realizzato con più fortuna nella città di Reggio Calabria.
Ma il modello Reggio tanto declamato si è visto che fine ingloriosa ha fatto, naufragando nel disastro finanziario del comune di Reggio e nel degrado più completo dei servizi e della qualità della vita cittadina.
Evidentemente i calabresi si sono accorti di questa drammatica situazione e cominciano a temere un’esportazione del modello Reggio su base regionale che sarebbe davvero letale per il futuro della Calabria.
E non è certo un caso, quindi, se Scopelliti è il Presidente di Regione che in Italia perde di più.
Ci auguriamo che finita l’ubriacatura scopellitiana, per la Calabria possa davvero aprirsi un cammino nuovo e diverso soprattutto per dare una speranza ed un futuro  ai giovani calabresi.
La caduta verticale del gradimento di Scopelliti (meno 5 %) dimostra che i calabresi hanno intelligenza per comprendere che la regione rischia di andare a sbattere se continua ad essere governata in questo modo così fallimentare da Scopelliti e dal centrodestra al punto da rischiare una vera e propria bancarotta.

Reggio Calabria, 16.1.2012

IL SEGRETARIO REGIONALE DEL PdCI
MICHELANGELO TRIPODI 

martedì 10 gennaio 2012

Solidarietà al giornalista Lopreiato

Le gravissime minacce ricevute dal giornalista Nicola Lopreiato caposervizio della Gazzetta del Sud di Vibo Valentia, contenute in una lettera inviatagli dal detenuto Leone Soriano, presunto capo ‘ndrangheta di Filandari, rappresentano una nuova sfida e un inequivocabile attacco alla libertà di stampa.
In primo luogo, quindi, a nome mio personale e dei Comunisti Italiani della Calabria, esprimiamo al dott. Lopreiato e alla sua famiglia la piena e incondizionata solidarietà e vicinanza del PdCI per la pesantissima intimidazione subita.
Contestualmente invitiamo il professionista vibonese a proseguire, senza alcun tentennamento, nella sua preziosa quotidiana attività e nel suo “scomodo” lavoro finalizzati ad informare la collettività in un territorio difficile e complicato.
Certamente questa vicenda pone, però, degli enormi interrogativi.
Ha, pertanto, ragione il segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria e componente della Giunta Esecutiva Fnsi, dott. Carlo Parisi, nell’evidenziare, pubblicamente, il paradosso costituito dalle azioni di chi vorrebbe imbavagliare la stampa e che, contestualmente, consente ad un detenuto di scrivere e spedire, tranquillamente, dal carcere una lettera di minacce ad un giornalista che svolge il duro mestiere di cronista.
E’, quindi, del tutto evidente che è necessario un intervento per evitare il ripetersi di atti di questa eccezionale gravità.
Il tema della libertà di stampa, diritto costituzionalmente garantito, è attualissimo.
E’, pertanto, indispensabile porre al centro delle emergenze la denuncia contro i tentativi di zittire e imbavagliare la stampa e i tantissimi cronisti che, con grandi rischi e in assoluta solitudine, svolgono un basilare e indispensabile servizio di civiltà e democrazia. 

Michelangelo Tripodi
Segretario regionale PdCI - Calabria

sabato 7 gennaio 2012

Differenziamoci dai nostri amministratori!

L'assessore all'ambiente e al "decoro" urbano Pietro Comito

Lo diciamo da mesi ormai e ci stiamo stancando di urlare al vento che la causa della vergognosa situazione di questa città ha un nome è un cognome: Pietro Comito.
Non è più tollerabile questa situazione di degrado assoluto.
Non possiamo continuare ad assistere impotenti al declino di una città e di un territorio che amiamo.
Così come non sono accettabili le parole vergognose, odiose e allucinanti rilasciate dall’assessore Comito qualche giorno fa a giornali e televisioni dove dichiarava che la colpa, dei sacchi lasciati fuori dai cassonetti, è dei cittadini alludendo a non si sa quale macchinazione oscura e quale sabotaggio verso il suo operato. Ma come è possibile sabotare l’assessore Comito? Ci viene oltremodo difficile pensarlo e per il semplice motivo che “lui” non opera. Non fa nulla a parte minacciare chi vuole una città migliore,aperta e vivibile. Non fa nulla a parte chiudere i polmoni verdi della città a causa della sua incompetenza. Non fa nulla a parte trasformare Vibo Valentia in una discarica a cielo aperto. Questo suo non fare nulla sta riempiendo la città di topi grandi quanto gatti, di branchi di cani randagi aggressivi e portatori di malattie. Tutto è fermo. Tutto è desolatamente degradante. Tutto ciò che continua a non fare può portare solo a gravosi ed enormi problemi igienicosanitari.
Tocca a noi Comunisti cattivoni chiarire le idee all’assessore; se non ne è al corrente vengono svuotati solamente i cassonetti per “contratto” visto che gli operatori non possono caricare la spazzatura eccedente a mano e per questo si servono dei “ragni”. Adesso ci siamo assessore? Ha capito che l’unico che sta compiendo azioni di sabotaggio alla città è lei? Sta macchinando contro la città per quale oscuro motivo? Tutti noi stiamo vedendo in che condizioni siamo ma ci viene il dubbio che lei non sia a Vibo. Possibile che se sta facendo i suoi soliti giri di perlustrazione della città non si accorga di niente? Starà vedendo con i suoi occhi, e odorando con il suo naso, quello che a cui siamo costretti vero? Basta fare un giro stamattina per una strada qualsiasi della città per assistere a uno spettacolo indecoroso e a tratti allucinante e tutto per MERITO suo caro assessore Comito. Invece di pensare a dare la gestione dei polmoni verdi a suo cognato avrebbe fatto meglio ad avviare la differenziata che proprio lei ha bloccato appena insediatosi e portandoci a questo disastro.
Una volta ogni due mesi, più o meno, l’assessore pronuncia la frase “presto partirà la differenziata” ma puntualmente non accade nulla di tutto ciò anzi si va sempre più verso il punto di non ritorno perché avviare la raccolta differenziata produce dei costi e lei e i suoi compari della giunta con a capo D’Agostino avete creato un buco da 10 MILIONI di euro da cui è impossibile uscirne senza farsi male o meglio senza far male alla città.
Se vuole bene a questa città si dimetta, torni a fare quello che faceva prima. Faccia come Scianò si inventi una scusa come la sua e vada a casa, anche perché sappiamo tutti che le dimissioni di Scianò sono dovute al disastro economico finanziario a cui ci ha portati e non di certo a promozioni politiche.
Se vuole bene a questa città ammetta di essere incapace di fare un lavoro tanto gravoso.
Se vuole bene a questa città convinca anche i suoi colleghi a seguirla perché nessuno vi ha ordinato di fare per forza gli amministratori.
Partito dei Comunisti Italiani - Vibo Valentia

mercoledì 4 gennaio 2012

Sostegno del PdCI al Consorzio GOEL

Il vile attentato, di chiaro stampo mafioso, contro il consorzio sociale Goel, guidato dal coraggioso Vincenzo Linarello, rappresenta un colpo durissimo inferto contro tutti i  calabresi onesti.
L'ordigno fatto esplodere davanti all'ingresso del ristorante "La Grotta", gestito da un gruppo di migranti nell'ambito di un pregevole progetto di inserimento lavorativo per gli immigrati rifugiati politici e realizzato in partnership tra il Consorzio Goel e il Comune di Caulonia, offende le coscienze di tutti i coloro i quali credono nei valori, costituzionalmente garantiti, dell’accoglienza e della solidarietà.
Pertanto, a nome dei Comunisti Italiani della Calabria esprimo la piena e incondizionata solidarietà a Vincenzo Linarello e a tutti gli operatori del consorzio Goel, con particolare attenzione ai lavoratori migranti.
Il Consorzio Goel costituisce un’ encomiabile e lodevole iniziativa finalizzata a realizzare accoglienza e integrazione. Chi ha tramato nell’ìombra contro di esso ha compiuto uno sfregio alla Calabria civile e democratica.
La semplice, quanto doverosa, solidarietà, che viene troppo spesso espressa per episodi simili e che purtroppo non accennano a fermarsi, non basta più.
Le Istituzioni, a partire dalla Regione, devono agire concretamente per manifestare attenzione e sostegno, attraverso fatti concreti e azioni tangibili.
In tal senso, noi Comunisti Italiani auspichiamo che, rapidamente, con il contributo e l’intervento delle Istituzioni si possa procedere a rendere agibile il ristorante “La Grotta”.
Sarebbe davvero  un bel segnale a dimostrazione che c’èancora una Calabria aperta e multietnica, che non si piega davanti alla prepotenza e all’arroganza della ‘ndrangheta e delle cosche mafiose.

Michelangelo Tripodi 
Segretario regionale PdCI - Calabria

martedì 3 gennaio 2012

Il verde pubblico secondo l'amministrazione D'Agostino

Per leggere l'articolo cliccare con il tasto destro sulla foto, aprire in altra scheda e ingrandire.
Articolo del Corriere della Calabria sulla gestione del verde pubblico a Vibo Valentia dove tutto è affare di famiglia. Ricordiamo a onor di cronaca che la precedente amministrazione aveva dato in gestione la cura del parco urbano al consorzio di bonifica e quindi senza costi per le casse comunale e per la comunità.
Loro invece sono diversi e lo dimostrano!